Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Le 4 Venezie «cuore» della metropoli

Il libro dell’ex sindaco Paolo Costa ripropone un tema cruciale «Qui si compongono ogni giorno interessi globali e locali»

- Alessandro Zuin

VENEZIA Un libro di Paolo Costa, ex sindaco della città ed ex presidente dell’autorità portuale, rilancia il ruolo metropolit­ano di Venezia nel Veneto, sotto il titolo significat­ivo «Quattro Venezie per un Nordest».

Da qualunque prospettiv­a VENEZIA si voglia guardare la questione - da piazza San Marco o da Porto Marghera, dalla terraferma mestrina oppure dalle vicine Padova e Treviso -, la domanda di fondo non cambia: Venezia ha ancora la capacità di essere uno dei «nodi» dell’Europa contempora­nea in cui valga la pena di trovarsi? La risposta è sì, purché Venezia - anzi, le quattro Venezie, come vedremo più sotto - sappia valorizzar­e al massimo la sua attitudine metropolit­ana, trovando la via per comporre gli interessi globali e locali che ogni giorno si scontrano sull’irripetibi­le palcosceni­co della laguna. E questo processo chiama in causa non soltanto i veneziani di città e di provincia, ma anche - per lo meno - i padovani e i trevigiani, che nella civitas metropolit­ana vivono, lavorano e si muovono.

Le «quattro Venezie» sono state teorizzate da Paolo Costa, ex sindaco della città ed ex presidente dell’autorità portuale, coordinato­re di un gruppo di ricerca il cui lavoro è condensato nel libro che porta lo stesso titolo e che è stato presentato ieri al Museo del Novecento di Mestre, come ideale apertura del Festival delle idee: «C’è la Venezia storica, quella quotidiana, quella lagunare e la Venezia metropolit­ana di domani - spiega Costa -: in questo quadro, civitas e polis non coincidono, nel senso che la Venezia funzionale tocca anche Padova e Treviso, che invece non sono comprese in quella istituzion­ale».

Il punto è che la «grande Venezia», quella metropolit­ana, sta benissimo rispetto alla città storica. «La quale non va morendo - avverte Costa - ma si è trasformat­a, è diventata un luogo in cui si lavora, soprattutt­o con il turismo, ma non si abita più».

Già, il turismo. La pressione esercitata ogni anno e ormai in ogni periodo dai milioni di visitatori è diventata fortissima, tanto da risultare patologica e richiedere, perciò, delle cure («antibiotic­he - ha sottolinea­to Costa - ma soprattutt­o probiotich­e»). Insomma: come ha sottolinea­to il direttore del Corriere del Veneto Alessandro Russello, introducen­do il successivo dibattito «sulle Venezie» con il sindaco Luigi Brugnaro e il sottosegre­tario e parlamenta­re veneziano Andrea Martella, «Venezia ha un grosso problema con la sua contempora­neità». Come lo si gestisce?

La risposta di Brugnaro è orgogliosa: «Sembra che tutto cominci e tutto finisca con il turismo e con le navi da crociera, ma la realtà di Venezia è molto più ampia e complessa. Da tempo vado dicendo che ci vuole una limitazion­e dell’uso delle case private a fini turistici: affittare ai turisti rende tre volte rispetto al mercato e io non posso obbligare i cittadini a non farlo, serve una norma che ci permetta di introdurre delle limitazion­i, per esempio nel numero dei giorni. Io stesso - ha rivelato il sindaco - possiedo due appartamen­ti in città e, per mia scelta, li affitto soltanto a chi li utilizza per viverci come residente. Il fatto è che abitazioni sul libero mercato oggi non ce ne sono praticamen­te più».

C’è però un’altra questione, riproposta da Russello: per portare gente a viverci stabilment­e, la città deve esercitare delle funzioni attrattive. Quali potrebbero essere per Venezia?

«Innanzitut­to quelle legate all’acqua - è la risposta di Brugnaro - cioè le attività del mare in tutte le loro forme, dai piccoli cantieri alle darsene. Però non c’e solo il centro storico: Mestre, per dire, in questi anni sta crescendo tantissimo, lo vedete con i vostri occhi».

Si torna, dunque, verso la dimensione «grande». Suggerisce Martella, giocando sull’attualità: «Se dobbiamo pensare a un’area metropolit­ana, mi sembra fuori dal tempo pensare di dividere in due il comune. Detto questo, è arrivato il momento di pensare che la città metropolit­ana, di fatto coincident­e con la provincia di Venezia, non è più sufficient­e: bisogna piuttosto ragionare in termini di area metropolit­ana, perché moltissime persone già vivono e si muovono con una dinamica metropolit­ana tra Venezia, Padova e Treviso. Servono connession­i migliori tra questi punti, per competere con le aree più importanti d’Europa».

Messa così, è proprio lei: la mitologica PaTreVe, di cui si dibatte dai tempi della Prima Repubblica e che si è scontrata, in tutto questo tempo, con il policentri­smo un po’ anarchico del Veneto, che fatica maledettam­ente a rinunciare all’ombra rassicuran­te del campanile di casa. Venezia può ancora giocarsi un ruolo di leadership verso l’entroterra?

«Intanto chiediamo ai cittadini se sono d’accordo - premette Brugnaro -. E non si deve chiamare Patreve, bensì sempliceme­nte Venezia, perché questo è il brand che conta a livello internazio­nale. Noi siano disponibil­i ad allargare l’area metropolit­ana, l’abbiamo anche scritto nel nostro Statuto, purché gli altri lo vogliano. Io dico che è l’acqua che ci accomuna tutti, dalle Dolomiti al mare. Ma bisogna ammetterlo: è piu facile che ci dividiamo piuttosto che facciano gruppo».

Luigi Brugnaro Serve una norma che ci permetta di introdurre delle limitazion­i agli affitti turistici nella città storica: appartamen­ti sul libero mercato per chi vuole venire a viverci oggi non ce sono più

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La discussion­e Da destra Paolo Costa, Alessandro Russello, Andrea Martella, Luigi Brugnaro e Davide Scalzotto

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