Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Le 4 Venezie «cuore» della metropoli
Il libro dell’ex sindaco Paolo Costa ripropone un tema cruciale «Qui si compongono ogni giorno interessi globali e locali»
VENEZIA Un libro di Paolo Costa, ex sindaco della città ed ex presidente dell’autorità portuale, rilancia il ruolo metropolitano di Venezia nel Veneto, sotto il titolo significativo «Quattro Venezie per un Nordest».
Da qualunque prospettiva VENEZIA si voglia guardare la questione - da piazza San Marco o da Porto Marghera, dalla terraferma mestrina oppure dalle vicine Padova e Treviso -, la domanda di fondo non cambia: Venezia ha ancora la capacità di essere uno dei «nodi» dell’Europa contemporanea in cui valga la pena di trovarsi? La risposta è sì, purché Venezia - anzi, le quattro Venezie, come vedremo più sotto - sappia valorizzare al massimo la sua attitudine metropolitana, trovando la via per comporre gli interessi globali e locali che ogni giorno si scontrano sull’irripetibile palcoscenico della laguna. E questo processo chiama in causa non soltanto i veneziani di città e di provincia, ma anche - per lo meno - i padovani e i trevigiani, che nella civitas metropolitana vivono, lavorano e si muovono.
Le «quattro Venezie» sono state teorizzate da Paolo Costa, ex sindaco della città ed ex presidente dell’autorità portuale, coordinatore di un gruppo di ricerca il cui lavoro è condensato nel libro che porta lo stesso titolo e che è stato presentato ieri al Museo del Novecento di Mestre, come ideale apertura del Festival delle idee: «C’è la Venezia storica, quella quotidiana, quella lagunare e la Venezia metropolitana di domani - spiega Costa -: in questo quadro, civitas e polis non coincidono, nel senso che la Venezia funzionale tocca anche Padova e Treviso, che invece non sono comprese in quella istituzionale».
Il punto è che la «grande Venezia», quella metropolitana, sta benissimo rispetto alla città storica. «La quale non va morendo - avverte Costa - ma si è trasformata, è diventata un luogo in cui si lavora, soprattutto con il turismo, ma non si abita più».
Già, il turismo. La pressione esercitata ogni anno e ormai in ogni periodo dai milioni di visitatori è diventata fortissima, tanto da risultare patologica e richiedere, perciò, delle cure («antibiotiche - ha sottolineato Costa - ma soprattutto probiotiche»). Insomma: come ha sottolineato il direttore del Corriere del Veneto Alessandro Russello, introducendo il successivo dibattito «sulle Venezie» con il sindaco Luigi Brugnaro e il sottosegretario e parlamentare veneziano Andrea Martella, «Venezia ha un grosso problema con la sua contemporaneità». Come lo si gestisce?
La risposta di Brugnaro è orgogliosa: «Sembra che tutto cominci e tutto finisca con il turismo e con le navi da crociera, ma la realtà di Venezia è molto più ampia e complessa. Da tempo vado dicendo che ci vuole una limitazione dell’uso delle case private a fini turistici: affittare ai turisti rende tre volte rispetto al mercato e io non posso obbligare i cittadini a non farlo, serve una norma che ci permetta di introdurre delle limitazioni, per esempio nel numero dei giorni. Io stesso - ha rivelato il sindaco - possiedo due appartamenti in città e, per mia scelta, li affitto soltanto a chi li utilizza per viverci come residente. Il fatto è che abitazioni sul libero mercato oggi non ce ne sono praticamente più».
C’è però un’altra questione, riproposta da Russello: per portare gente a viverci stabilmente, la città deve esercitare delle funzioni attrattive. Quali potrebbero essere per Venezia?
«Innanzitutto quelle legate all’acqua - è la risposta di Brugnaro - cioè le attività del mare in tutte le loro forme, dai piccoli cantieri alle darsene. Però non c’e solo il centro storico: Mestre, per dire, in questi anni sta crescendo tantissimo, lo vedete con i vostri occhi».
Si torna, dunque, verso la dimensione «grande». Suggerisce Martella, giocando sull’attualità: «Se dobbiamo pensare a un’area metropolitana, mi sembra fuori dal tempo pensare di dividere in due il comune. Detto questo, è arrivato il momento di pensare che la città metropolitana, di fatto coincidente con la provincia di Venezia, non è più sufficiente: bisogna piuttosto ragionare in termini di area metropolitana, perché moltissime persone già vivono e si muovono con una dinamica metropolitana tra Venezia, Padova e Treviso. Servono connessioni migliori tra questi punti, per competere con le aree più importanti d’Europa».
Messa così, è proprio lei: la mitologica PaTreVe, di cui si dibatte dai tempi della Prima Repubblica e che si è scontrata, in tutto questo tempo, con il policentrismo un po’ anarchico del Veneto, che fatica maledettamente a rinunciare all’ombra rassicurante del campanile di casa. Venezia può ancora giocarsi un ruolo di leadership verso l’entroterra?
«Intanto chiediamo ai cittadini se sono d’accordo - premette Brugnaro -. E non si deve chiamare Patreve, bensì semplicemente Venezia, perché questo è il brand che conta a livello internazionale. Noi siano disponibili ad allargare l’area metropolitana, l’abbiamo anche scritto nel nostro Statuto, purché gli altri lo vogliano. Io dico che è l’acqua che ci accomuna tutti, dalle Dolomiti al mare. Ma bisogna ammetterlo: è piu facile che ci dividiamo piuttosto che facciano gruppo».
Luigi Brugnaro Serve una norma che ci permetta di introdurre delle limitazioni agli affitti turistici nella città storica: appartamenti sul libero mercato per chi vuole venire a viverci oggi non ce sono più