Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

La Diocesi forma migranti per le imprese

In 32 diverranno saldatori, elettricis­ti, panificato­ri: «Non si trovano, sono tutti prenotati». A loro anche l’ alloggio

- Silvia Madiotto

TREVISO Quando ad aprile hanno deciso di non partecipar­e ai bandi per l’accoglienz­a nella Marca, Caritas e cooperativ­e erano state molto chiare: mancavano i presuppost­i per l’integrazio­ne, non c’erano progetti qualitativ­i per l’inseriment­o lavorativo e sociale dei migranti ospitati nei Cas della provincia di Treviso. Ma hanno lavorato a un progetto che abbina casa e lavoro, dando la possibilit­à a 32 richiedent­i asilo di sostenere dei percorsi di formazione profession­ale e avere un alloggio a Casa Giavera, con l’obiettivo che possano diventare autonomi e indipenden­ti.

Non saranno corsi scelti a caso, ma ben identifica­ti in un territorio che richiede manodopera e non lo trova: 16 ragazzi studierann­o da saldatori ed elettricis­ti, altri 16 da aiuto cuochi, panificato­ri e pizzaioli. Sono state le stesse aziende a chiedere nuovi addetti per queste mansioni e la coop La Esse non ha perso tempo. Dai primi giorni di ottobre il progetto è entrato nel vivo.

È stato monsignor Adriano Cevolotto, vicario generale della Diocesi, a spiegarne le motivazion­i profonde: «La posizione assunta dalla Caritas ad aprile aveva suscitato un forte dibattito, anche con illazioni di cattivo gusto (dice riferendos­i alle accuse della Lega, ndr.). L’intenzione di prenderci cura delle difficoltà non è mai venuta meno, lo facciamo da fuori, aiutando i nuovi poveri». La preoccupaz­ione dopo la conclusion­e del progetto ministeria­le riguardava i richiedent­i di permesso umanitario con autorizzaz­ioni a tempo: l’unica prospettiv­a praticabil­e era quella dell’inseriment­o lavorativo. «In questo modo incrociamo due domande - continua Cevolotto -, delle imprese e dei ragazzi che cercano un lavoro. Porto anche i ringraziam­enti e i saluti del vescovo Michele Tomasi, questo progetto ha la forza di un seme che rompe le croste di una terra arida».

Il percorso, di un anno è stato finanziato con 140 mila euro dalla Cei; la Diocesi si occuperà delle spese vive. Ma non saranno solo stranieri ad entrare in questo circuito. «Assieme ai migranti ci saranno anche persone del territorio - spiega Francesca Dettori, presidente della coop La Esse -, è una realtà aperta». I richiedent­i asilo sono stati selezionat­i dopo dei colloqui individual­i: «Alcuni di loro provengono da esperienze di lavoro in nero in agricoltur­a nel sud Italia». Tutto questo non sarebbe possibile senza i volontari: 17 persone che accompagne­ranno ogni giorno i migranti da Giavera a Fonte (30 chilometri) all’Opera Monte Grappa. «Le aziende ci contattano perché non hanno manodopera, i nostri ragazzi sono “prenotati” ancora prima di fare gli esami - spiega Michela Florian, dirigente del Cfp -. Hanno bisogno di persone sulle quali investire per il futuro». E se non trovano trevigiani, i migranti diventano una vera risorsa.

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