Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’Egitto di Belzoni
La mostra Mummie, statue, papiri: Padova rende omaggio all’esploratore
Quando il padovano Giovanni Battista Belzoni (1778 – 1823) scoprì in Egitto alcune tra le tombe poi divenute icone dell’Egitto stesso, rinvenne moltissime statuine in legno raffiguranti gli Ushabti, i Rispondenti. Per la civiltà che più di ogni altra aveva fortissimo il culto dei morti e tesseva continue corrispondenze tra la vita e l’oltretomba, i Rispondenti erano i sostituti del morto nei lavori agricoli da effettuare obbligatoriamente nell’aldilà. Servivano quindi al defunto per risparmiarsi il lavoro eterno dopo la morte. Nel corso della sua carriera di esploratore Belzoni ne rinvenne così tanti da usarli, come racconta nel Narrative – il libro dei suoi viaggi – come ceppi di legno da ardere per cucinarsi il cibo. «L’Egitto di Belzoni. Un gigante nella terra delle piramidi» è la grande mostra «europea» – come sottolinea l’assessore alla cultura Andrea Colasio – che da oggi al 28 giugno 2020 sarà ospitata al Centro Culturale Altinate San Gaetano a Padova (www.legittodibelzoni.it). Una mostra che ha visto scendere in campo – coadiuvati dal Gruppo Icat– importanti forze economiche locali come la Camera di Commercio, la Fondazione Cariparo o il Consorzio Città d’Arte del Veneto, tra gli altri. Una convergenza importante per rendere omaggio a un personaggio della storia assolutamente fuori dagli schemi. Il quale riuscì in due imprese memorabili: entrò per primo nel tempio di Abu Simbel, dissotterrandolo. Mentre a Gizah scoprì l’ingresso segreto della piramide di Chefren.
Le sue rocambolesche avventure così come le geniali trovate per trasportare le colossali sculture egizie fino in Europa, giungono fino a noi anche grazie ad Alessandro Ricci, il raffinato disegnatore
al seguito di Belzoni. La mostra padovana è organizzata come un viaggio alla scoperta della personalità stravagante e complessa di Belzoni e dei personaggi che gravitarono attorno alle sue avventure. Ripercorrendone le vicende salienti, organizzando la visita in dedali stretti e scuri, tutti affrescati, che suggeriscono proprio l’avventurarsi all’interno delle piramidi. Ed è proprio la piramide di Chefren riprodotta a chiudere il percorso espositivo. All’interno la scrittura autentica del Belzoni che, come vezzo, aveva quello di siglare le sue scoperte: «2 marzo 1818, scoperta da Giovanni Battista Belzoni».
Una mostra senz’altro divulgativa e didattica ma con un solido impianto scientifico realizzato da Alessandra Veronese con dovizia di aneddoti che non mancheranno di stupire il pubblico. Del resto Belzoni ebbe vita e carriera decisamente eccentriche: nato in una famiglia onesta ma povera, da giovane fa il garzone nella bottega del padre, va a Roma a studiare idraulica e finisce a lavorare nei circhi. Arriva in Egitto per proporre al Pascià un progetto di idraulica. Il lavoro non va a buon fine ma in lui nasce l’amore per l’antico Egitto. Amore che gli farà compiere quelle straordinarie imprese che ispirarono Indiana Jones a George Lucas e Steven Spielberg. Mummie, statue, libri, papiri, canopi: la mostra vanta prestiti illustri da musei come il Louvre, il British, il Museo Vaticano e il Museo Egizio di Torino.