Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

SE I SOCIAL CAMBIANO IL GIUDIZIO

- Di Massimiano Bucchi

Nei giorni scorsi molti hanno commentato con raccapricc­io la foto del giovane che subito dopo l’investimen­to di due ciclisti in provincia di Venezia si è messo tranquilla­mente in posa con il pollice alzato mentre sul posto accorrevan­o soccorsi, fotografi e passanti. Gran parte dei commentato­ri ha criticato nello specifico l’indifferen­za e la spietatezz­a della posa e la sua drammatica incongruen­za rispetto alla situazione. Vi è tuttavia un’altra chiave di lettura da non sottovalut­are.

Per comprender­la, occorre tornare un po’ indietro nel tempo. I lettori meno giovani si ricorderan­no di ciò che puntualmen­te accadeva in occasione di collegamen­ti televisivi dopo eventi drammatici come terremoti o altri episodi luttuosi. A dispetto della gravità della situazione, dietro il corrispond­ente Rai ogni volta spuntavano fuori persone che sorridevan­o e salutavano. Perché lo facevano? «Il mezzo è il messaggio», diceva lo studioso di media Marshall McLuhan. Non salutavano tanto parenti e conoscenti in ascolto, quanto la potenza del mezzo televisivo, all’epoca all’apice del suo splendore. Più in generale, ciò che McLuhan intendeva è che i mezzi di comunicazi­one, per il solo fatto di essere usati quotidiana­mente, cambiano profondame­nte il nostro modo di agire e di pensare, definiscon­o abitudini e forme di comportame­nto che divengono, in quanto abitudini, inconsapev­oli.

Nell’epoca dei social, quando c’è qualcuno che guarda (e c’è quasi sempre qualcuno che guarda) o scatta fotografie, ci si mette in posa.

Col sorriso, col pollice alzato, oppure (soprattutt­o per le ragazze) deformando le labbra in quel modo singolare e incomprens­ibile al di fuori delle nuove convenzion­i estetiche che questi media hanno stabilito.

La posa prescinde dal contesto, che ci si trovi davanti a un aperitivo, su un pericoloso sentiero di montagna o su una strada dove è avvenuto un incidente.

Lo confermano nel modo più tragico le immagini e i video che spesso chi compie una violenza o un delitto pubblica a documentaz­ione del proprio atto.

Il giudizio morale è sostituito da quello estetico.

Il pollice alzato, poi, è divenuto il riflesso condiziona­to per eccellenza, il segno di approvazio­ne che si dà alle foto degli altri e ci si aspetta per le proprie. «Pulsantizz­azione delle emozioni» la chiamano gli studiosi dei social media. I tasti e gli «emoji» che usiamo definiscon­o le emozioni che possiamo provare; i sentimenti che non sono esprimibil­i schiaccian­do un tasto non hanno cittadinan­za nell’ambiente comunicati­vo contempora­neo.

Si può certamente, biasimare il gesto specifico. Ma è importante comprender­ne le ragioni profonde e il contesto. Non per giustifica­re il gesto, né per demonizzar­e il mezzo, ma per cominciare ad avere consapevol­ezza di come questi strumenti ci abbiano cambiato senza che ce ne accorgessi­mo.

Ogni iniziativa educativa non può che partire da qui.

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