Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
I DIRITTI DI VENEZIA L’INVISIBILE
Il 2 novembre scorso i veneziani si sono trovati di fronte alla quasi impossibilità di raggiungere il cimitero di San Michele per commemorare i propri defunti. Solo il ponte di barche fatto allestire dal sindaco Brugnaro, e riservato ai veneziani, ha impedito rischi gravi da sovraffollamento dei vaporetti che collegano Venezia con San Michele (il cimitero, destinazione dei veneziani) ma anche con Murano (l’isola del vetro, destinazione dei turisti). Il 2 novembre la difficile composizione degli interessi di valorizzazione (turistica) dell’urbs con quelli di vita quotidiana della civitas è arrivata a complicare perfino il culto dei morti. Dei morti cari ad una comunità veneziana, di solito «invisibile», che solo in quel giorno appare per quello che realmente è: fatta dei pochi residenti in Venezia storica e dei molti in terraferma, del comune di Venezia o dei comuni che con il capoluogo formano la Venezia quotidiana del pendolarismo casa lavoro. Segnali di una situazione che sarebbe pericoloso cercare di metabolizzare sia sul fronte dell’uso turistico del bene culturale Venezia sia su quello della rappresentanza politicoistituzionale della Venezia invisibile. Sul primo punto non è differibile la definizione prima, e il rispetto, dopo, di due soglie di capacità di accoglienza: quella del numero massimo di visitatori da ammettere in Centro storico e quella del numero massimo di turisti da ospitare in strutture alberghiere o extra alberghiere, residenza condivisa compresa.
Compito difficile, se lo Stato e la Regione del Veneto non si rendono conto che la partita che si gioca a Venezia è solo un anticipo di quelle analoghe che interesseranno Roma e Firenze e parente stretta di quella giocata in altre destinazioni urbane turistiche minori.
La regolazione dell’uso turistico del patrimonio storico urbano italiano è indifferibile: in gioco non vi è solo il sacrosanto diritto dei cittadini a convivere decentemente con i visitatori, ma la stessa sopravvivenza delle galline dalle uova d’oro che il sovraturismo altrimenti presto ucciderà.
Per tornare a Venezia, il tema del sovraturismo è, questo sì, argomento che meriterebbe di essere affrontato al tavolo statoregione sull’autonomia differenziata. Tavolo al quale andrebbe, almeno idealmente, ammessa --e cosi arriviamo al secondo punto-- la rappresentanza istituzionale della «Venezia invisibile» oggi approssimata dalla Città Metropolitana. E’ impensabile che un sistema metropolitano che deve occuparsi della protezione dei patrimoni culturali di Venezia storica e della sua laguna, che deve farli convivere con la loro valorizzazione turistica e non turistica (portuale-logistica e manifatturiera. direzionale e terziariosuperiore), che deve agire entro un quadro di sinergie tra i sistemi urbani quotidiani di Padova, Treviso e Venezia (la sola possibilità di garantire al Veneto e al Nordest l’ aggregato urbano necessario e capace di far competere questa regione in Europa e nel mondo) sia oggi costretto ad agire solo funzionalmente, per merito dei suoi cittadini e delle sue imprese, come entità «invisibile», per mancanza di rappresentanza politicoistituzionale.
Alla Città metropolitana di Venezia occorrono poteri che urge farle arrivare per attribuzione diretta statale (legislazione speciale) o per riconoscimento regionale (nell’ambito dell’autonomia differenziata).
La ridefinizione dei rapporti tra Regione del Veneto e Città metropolitana di Venezia -perché questo è il nome che conviene usare anche dopo l’ estensione a Padova e Treviso - è sicuramente tema istituzionale più urgente e rilevante dell’anacronistico referendum sulla separazione di Venezia da Mestre.