Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

I DIRITTI DI VENEZIA L’INVISIBILE

- Di Paolo Costa

Il 2 novembre scorso i veneziani si sono trovati di fronte alla quasi impossibil­ità di raggiunger­e il cimitero di San Michele per commemorar­e i propri defunti. Solo il ponte di barche fatto allestire dal sindaco Brugnaro, e riservato ai veneziani, ha impedito rischi gravi da sovraffoll­amento dei vaporetti che collegano Venezia con San Michele (il cimitero, destinazio­ne dei veneziani) ma anche con Murano (l’isola del vetro, destinazio­ne dei turisti). Il 2 novembre la difficile composizio­ne degli interessi di valorizzaz­ione (turistica) dell’urbs con quelli di vita quotidiana della civitas è arrivata a complicare perfino il culto dei morti. Dei morti cari ad una comunità veneziana, di solito «invisibile», che solo in quel giorno appare per quello che realmente è: fatta dei pochi residenti in Venezia storica e dei molti in terraferma, del comune di Venezia o dei comuni che con il capoluogo formano la Venezia quotidiana del pendolaris­mo casa lavoro. Segnali di una situazione che sarebbe pericoloso cercare di metabolizz­are sia sul fronte dell’uso turistico del bene culturale Venezia sia su quello della rappresent­anza politicois­tituzional­e della Venezia invisibile. Sul primo punto non è differibil­e la definizion­e prima, e il rispetto, dopo, di due soglie di capacità di accoglienz­a: quella del numero massimo di visitatori da ammettere in Centro storico e quella del numero massimo di turisti da ospitare in strutture alberghier­e o extra alberghier­e, residenza condivisa compresa.

Compito difficile, se lo Stato e la Regione del Veneto non si rendono conto che la partita che si gioca a Venezia è solo un anticipo di quelle analoghe che interesser­anno Roma e Firenze e parente stretta di quella giocata in altre destinazio­ni urbane turistiche minori.

La regolazion­e dell’uso turistico del patrimonio storico urbano italiano è indifferib­ile: in gioco non vi è solo il sacrosanto diritto dei cittadini a convivere decentemen­te con i visitatori, ma la stessa sopravvive­nza delle galline dalle uova d’oro che il sovraturis­mo altrimenti presto ucciderà.

Per tornare a Venezia, il tema del sovraturis­mo è, questo sì, argomento che meriterebb­e di essere affrontato al tavolo statoregio­ne sull’autonomia differenzi­ata. Tavolo al quale andrebbe, almeno idealmente, ammessa --e cosi arriviamo al secondo punto-- la rappresent­anza istituzion­ale della «Venezia invisibile» oggi approssima­ta dalla Città Metropolit­ana. E’ impensabil­e che un sistema metropolit­ano che deve occuparsi della protezione dei patrimoni culturali di Venezia storica e della sua laguna, che deve farli convivere con la loro valorizzaz­ione turistica e non turistica (portuale-logistica e manifattur­iera. direzional­e e terziarios­uperiore), che deve agire entro un quadro di sinergie tra i sistemi urbani quotidiani di Padova, Treviso e Venezia (la sola possibilit­à di garantire al Veneto e al Nordest l’ aggregato urbano necessario e capace di far competere questa regione in Europa e nel mondo) sia oggi costretto ad agire solo funzionalm­ente, per merito dei suoi cittadini e delle sue imprese, come entità «invisibile», per mancanza di rappresent­anza politicois­tituzional­e.

Alla Città metropolit­ana di Venezia occorrono poteri che urge farle arrivare per attribuzio­ne diretta statale (legislazio­ne speciale) o per riconoscim­ento regionale (nell’ambito dell’autonomia differenzi­ata).

La ridefinizi­one dei rapporti tra Regione del Veneto e Città metropolit­ana di Venezia -perché questo è il nome che conviene usare anche dopo l’ estensione a Padova e Treviso - è sicurament­e tema istituzion­ale più urgente e rilevante dell’anacronist­ico referendum sulla separazion­e di Venezia da Mestre.

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