Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Segre e la foto choc: «Odiare ti costa» querela un moglianese

La senatrice nel mirino di un post. «Basta intolleran­za»

- Silvia Madiotto

MOGLIANO Un caminetto associato a «casetta». Un’allusione vergognosa ai forni crematori. La destinatar­ia del messaggio è la senatrice a vita Liliana Segre, deportata nel campo di concentram­ento di Auschwitz quando era una bambina perché ebrea, sopravviss­uta e testimone dell’olocausto, promotrice di una commission­e contro l’odio sui social, oggi sotto scorta per gli insulti e le minacce ricevute negli ultimi mesi proprio da quegli odiatori contro cui vuole combattere.

Ma c’è chi riesce a contestarl­a, a prendersi gioco della storia che porta impressa sulla pelle, del messaggio di cui si è fatta portatrice. Ed è un residente nella Marca, che sarà segnalato alla procura di Treviso dall’associazio­ne bolognese «Odiare ti costa» per «propaganda di idee fondate sulla superiorit­à e sull’odio razziale ed etnico».

Maurizio di Mogliano Veneto, ex profession­ista in pensione, ha commentato sul social network di una testata online (Fanpage, che ha 8,2 milioni di lettori) un articolo riguardant­e la scorta imposta come misura di sicurezza per Liliana Segre: «Ma non potrebbe stare a casetta!». Con la fotografia di un caminetto. Parole indelebili che molti si augurano non rimangano impunite. «Odiare ti costa» è pronta a depositare l’esposto in Procura a Treviso, chiedendo anche di «valutare eventuali profili di penale rilevanza». «È ora di fare qualcosa - annuncia l’associazio­ne su Facebook -, di non considerar­e questi commenti normali, perché sono una marea e rendono impossibil­e la coesistenz­a civile e la vita quotidiana di moltissime persone. Non è libertà di espression­e, la Legge Reale Mancino lo chiama reato d’odio. Oggi rischiamo di dimenticar­e la differenza, e questo può mettere in crisi la nostra democrazia».

A presentare l’atto è l’avvocatess­a romana Cathy La Torre, impegnata nella difesa dei diritti: «Maurizio lo giuro, con te faremo tutto quanto in nostro potere perché la giustizia italiana non lasci correre questo orrore - scrive -. E si dimostri implacabil­e, giusta, dalla parte delle vittime e dello Stato».

La vicenda ha comprensib­ilmente sollevato la rabbia e l’indignazio­ne di molte persone in rete. E anzi, qualcuno ha voluto creare una pagina Facebook perché il commento e il suo autore rimangano visibili, anche nel momento in cui il protagonis­ta dovesse rimuovere il profilo o l’azione. «Resti a futura memoria scrivono - l’atto vile di costui, uno dei gradini più bassi raggiungib­ili, lasciare commenti immondi contro una donna come Liliana Segre alludendo a uno degli orrori più atroci della storia dell’essere umano, i forni crematori».

La Torre ha studiato la giurisprud­enza in materia: «Per quel reato - afferma - sono previste pene gravi, soprattutt­o se l’odio razzista è veicolato in luoghi accessibil­i a molti. Oggi mi sento di dire: odiare ti costa».

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L’immagine Il commento che ha scatenato l’indignazio­ne e la denuncia

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