Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Segre e la foto choc: «Odiare ti costa» querela un moglianese
La senatrice nel mirino di un post. «Basta intolleranza»
MOGLIANO Un caminetto associato a «casetta». Un’allusione vergognosa ai forni crematori. La destinataria del messaggio è la senatrice a vita Liliana Segre, deportata nel campo di concentramento di Auschwitz quando era una bambina perché ebrea, sopravvissuta e testimone dell’olocausto, promotrice di una commissione contro l’odio sui social, oggi sotto scorta per gli insulti e le minacce ricevute negli ultimi mesi proprio da quegli odiatori contro cui vuole combattere.
Ma c’è chi riesce a contestarla, a prendersi gioco della storia che porta impressa sulla pelle, del messaggio di cui si è fatta portatrice. Ed è un residente nella Marca, che sarà segnalato alla procura di Treviso dall’associazione bolognese «Odiare ti costa» per «propaganda di idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale ed etnico».
Maurizio di Mogliano Veneto, ex professionista in pensione, ha commentato sul social network di una testata online (Fanpage, che ha 8,2 milioni di lettori) un articolo riguardante la scorta imposta come misura di sicurezza per Liliana Segre: «Ma non potrebbe stare a casetta!». Con la fotografia di un caminetto. Parole indelebili che molti si augurano non rimangano impunite. «Odiare ti costa» è pronta a depositare l’esposto in Procura a Treviso, chiedendo anche di «valutare eventuali profili di penale rilevanza». «È ora di fare qualcosa - annuncia l’associazione su Facebook -, di non considerare questi commenti normali, perché sono una marea e rendono impossibile la coesistenza civile e la vita quotidiana di moltissime persone. Non è libertà di espressione, la Legge Reale Mancino lo chiama reato d’odio. Oggi rischiamo di dimenticare la differenza, e questo può mettere in crisi la nostra democrazia».
A presentare l’atto è l’avvocatessa romana Cathy La Torre, impegnata nella difesa dei diritti: «Maurizio lo giuro, con te faremo tutto quanto in nostro potere perché la giustizia italiana non lasci correre questo orrore - scrive -. E si dimostri implacabile, giusta, dalla parte delle vittime e dello Stato».
La vicenda ha comprensibilmente sollevato la rabbia e l’indignazione di molte persone in rete. E anzi, qualcuno ha voluto creare una pagina Facebook perché il commento e il suo autore rimangano visibili, anche nel momento in cui il protagonista dovesse rimuovere il profilo o l’azione. «Resti a futura memoria scrivono - l’atto vile di costui, uno dei gradini più bassi raggiungibili, lasciare commenti immondi contro una donna come Liliana Segre alludendo a uno degli orrori più atroci della storia dell’essere umano, i forni crematori».
La Torre ha studiato la giurisprudenza in materia: «Per quel reato - afferma - sono previste pene gravi, soprattutto se l’odio razzista è veicolato in luoghi accessibili a molti. Oggi mi sento di dire: odiare ti costa».