Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Leone Moressa, culle vuote e migranti utili Cgil: tuteliamoli
VENEZIA A sfatare alcuni luoghi comuni sull’immigrazione che tengono banco nel dibattito politico ci pensano i numeri. Quelli elaborati dalla Fondazione Leone Moressa su immigrazione e lavoro presentati ieri mattina al centro culturale Candiani di Mestre insieme alla Cgil rappresentano come . Lo studio della Fondazione che segue da vicino le dinamiche migratorie e sociali si intitola «Flussi migratori: da emergenza a opportunità e necessità per lo sviluppo sociale del Veneto». Perché «necessità»? Perché l’andamento demografico non accenna a migliorare (nonostante i nuovi nati figli di genitori stranieri). L’«inverno demografico» del Veneto parla di una regione appena sopra la media nazionale ma comunque in negativo. Crescono gli anziani e quindi diminuiscono i lavoratori. E nel frattempo cala anche l’immigrazione (anche se il dato è accentuato dall’aumento delle naturalizzazioni). Di manodopera immigrata c’è bisogno in particolare per le raccolte stagionali ma, ad esempio anche per il turismo o per costruzioni, logistica e servizi personali. Si tratta, di fatto, di mestieri, spiegano alla Cgil, che gli italiani non fanno più. Solo l’11% dei migranti, però, ha un permesso di soggiorno legato al lavoro. «E questo è uno dei problemi maggiori - rileva Silvana Fanelli della Cgil perché i lavoratori immigrati, sotto la spada di Damocle di contratti rinnovati annualmente, nella migliore delle ipotesi, restano ricattabili e ricattati, c’è chi propone di decurtare la paga di un euro l’ora per garantire loro lavoro e quindi permesso di soggiorno. Questo crea le condizioni per lavoro nero e illegalità. La sicurezza tanto invocata parte da un trattamento equo di questi lavoratori». I lavoratori migranti, in Veneto, producono un valore aggiunto pari al 9,8% del pil regionale. Nel Veneto gli immigrati sono più di 500.000 (pari al 10,2% della popolazione) e negli ultimi 5 anni vi sono state 100.000 naturalizzazioni. I nuovi permessi riguardano nella stragrande maggioranza i ricongiungimenti familiari, indice di una volontà di chi arriva nel nostro territorio di restare e di integrarsi, mentre sono calati drasticamente i permessi di lavoro (poco più di 2.000 in un anno, includendo anche gli stagionali). Un forte punto critico, si diceva, anche a fronte delle richieste di manodopera da parte delle imprese artigiane e agricole della regione, da cui non sono mancati gli appelli anche nei mesi scorsi.