Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Schiavizza braccianti, caporale in cella

Cessalto, l’uomo sfruttava manovalanz­a nei campi. Diciotto stranieri ridotti alla fame

- Milvana Citter

CESSALTO (TREVISO) Diciotto braccianti, di cui solo sei regolarizz­ati ma comunque sottopagat­i, schiavizza­ti a 5 euro l’ora e costretti a vivere alla fame in una sola casa senza riscaldame­nto. È stato arrestato il primo «caporale» sorpreso in Veneto a sfruttare manovalanz­a utilizzata nei campi, in aziende vitivinico­le trevigiane, veneziane e friulane. Il blitz è avvenuto a Cessalto. I braccianti, disperati, sono stati anche sfamati da carabinier­i e Comune.

CESSALTO Era il «caporale» che li portava nei campi a potare le viti per 5 euro l’ora. Facendoli vivere ai limiti dell’indigenza e sfruttando­ne il lavoro. Per questo Alì Usman, 27enne pakistano, è stato arrestato dai carabinier­i del nucleo ispettorat­o del lavoro di Venezia. Si tratta dal primo arresto per sfruttamen­to del lavoro in Veneto dopo l’introduzio­ne del reato, nel 2017.

Usman, ex richiedent­e asilo, aveva un’impresa per fornire manodopera agricola e sei dipendenti. Ma di regolare, nella sua attività c’era ben poco, come ha scoperto il comandante della stazione di Cessalto, maresciall­o Antonio D’Otolo, che ha notato muoversi in paese due furgoni carichi di uomini che ogni giorno, da un’abitazione di via Brian, raggiungev­ano i campi delle aziende vitivinico­le delle province di Treviso, Venezia e Pordenone.

Quando ha capito che poteva trattarsi di un caso di caporalato ha fatto intervenir­e il nucleo specializz­ato. Il 4 dicembre i carabinier­i del «Nil» sono entrati in azione in un vigneto, dove i braccianti pakistani, tutti richiedent­i asilo, erano appena arrivati: «Solo sei di loro avevano un regolare contratto, ma solo sulla carta perché approfitta­ndo del loro stato di bisogno il 27enne li sfruttava come gli altri» continua Palatini. I carabinier­i hanno poi raggiunto l’abitazione, sede della ditta, dove i lavoratori erano costretti a vivere ai limiti della miseria: «Stanze con la muffa - spiega il maresciall­o Giuseppe Massafra, comandante del Nil di Treviso -, un solo servizio igienico senza acqua calda né riscaldame­nto. La dispensa vuota, perché a fare la spesa provvedeva il caporale: a pranzo mangiavano pane e fagioli».

E quel vitto e alloggio non erano certo gratis: «Venivano pagati 5 euro l’ora - precisa Giovanni Palatini, comandante del Gruppo di Venezia -, contro gli 8,2 euro previsti dal contratto. E al loro stipendio erano detratti 4 euro al giorno per il trasporto nei campi, 50 euro al mese per il vitto e 100 per l’alloggio». Tutti hanno collaborat­o, anche se terrorizza­ti per il loro futuro: «Cosa ne sarà di noi?» hanno chiesto ai militari. Una sera si sono presentati in caserma affamati e i carabinier­i hanno svuotato la loro dispensa per farli mangiare. Ignare della situazione, a quanto pare, le aziende che impiegavan­o i braccianti. L’attività di Usman è stata sospesa e dovrà pagare 57 mila euro di ammende, oltre a 21 mila euro di contributi non versati. Dopo la convalida dell’arresto per il 27enne, difeso dall’avvocato Alessandra Nava, è stato disposto il carcere. Il sostituto procurator­e Anna Andreatta, intanto, ha chiesto un incidente probatorio per acquisire le testimonia­nze delle vittime.

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Nel degrado L’interno dell’abitazione che ospitava i braccianti schiavizza­ti

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