Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
COMETE E MIRACOLI DEL NATALE
Una cometa è in avvicinamento. Solca il nostro cielo a Natale. L’hanno identificata con le coordinate 2019/Q4. È nata probabilmente fuori del nostro sistema solare. Dista migliaia di milioni di chilometri dalla terra. Evoca sogni, fantasie, memorie. L’astronomo italiano Davide Farnocchia, che lavora presso il Center for NearEarth Object Studies della Nasa, spiega: «L’oggetto raggiungerà il picco di luminosità attorno a Natale e continuerà ad essere osservabile con telescopi di dimensioni modeste fino ad aprile 2020».
Le comete, il simbolo più luminoso del Natale. Un enigma, per gli uomini, fin dall’antichità, ispirazione per pittori, musicisti, artisti, scienziati. Da secoli le indagano i cannocchiali della Specola di Padova, gli Osservatori dell’Università, sui monti di Asiago. Perennemente tesi a studiare proprio le stelle. Per continuare a narrarle. Ma non aspettiamo più solo l’arrivo delle comete. I nostri astrofisici patavini hanno mandato in orbita, da qualche giorno, «Cheops», un nuovo telescopio spaziale, ancora un occhio italiano, segugio dei cieli, a caccia di eso-pianeti.
Una ventina d’anni fa, a celebrarne il significato, un asteroide, il n. 12811, scoperto da Ulisse Munari dell’Osservatorio Astronomico di Padova, e da Maura Tombelli, astrofila di Montelupo Fiorentino, è stato dedicato al «Sergente nella neve» e ha preso il nome di Mario Rigoni Stern. «Stern», in cimbro, significa appunto «stella». Nostalgie e inquietudini del Natale. Le luci, i riti, i doni ai bambini, il «Tu scendi dalle stelle», lo «Stille Nacht» si accavallano nei nostri pensieri. Ricorriamo alla poesia, alle immagini delle natività dipinte per non restare travolti dalle frenesie delle feste, forzati dai consumi.
Ricorriamo a poeti appartati, per nutrirci di silenzi. Per accompagnare i nostri pensieri. Fernando Bandini, uno di questi poeti, morto la mattina di Natale di 6 anni fa, aveva scelto il latino, ma anche il nostro dialetto, lingua madre, per raccontare in versi il canto delle sirene e la forza della speranza. Il giorno in cui aveva vinto il Premio Montale, il «Nobel italiano» per la poesia, consapevole dell’aggravarsi della sua letale malattia, ha scritto le sue «Vacanze
Natalizie». Ricordandole così: «Il cuore ancora non è sazio/ d’invernali meteore./ Io ti covavo, neve, dentro un inconscio sonno/ e adesso che apro gli occhi stai scendendo:/ stella diffranta in volatili schegge/ che spargono un biancore/ fragile, già prigioniero di un globo/ di tenebre sospeso nello spazio./ Contemplo la vertiginosa giostra/ della neve dal vetro chiuso della finestra/ (mentre all’esterno l’imposta/ è stata distrattamente aperta),/ e brulica la neve nell’aria del boulevard/ illuminata dai fanali e turbina/ nel vortice di un rapido sibilante blizzard./ Mia sospirata neve mista a vento/ che a lungo nella notte mi fai scorta./ Se l’anno prossimo mi cercherai,/ senza trovarmi, in qualche capitale/ d’Europa in mezzo al tremulo stupore/ dei lumi di Natale,/ mettiti il cuore in pace. Scendi e cercami/ nei mesti campi stigi/ dove pallida e muta vaga la gente morta/ sotto un plumbeo chiuso firmamento./Vi dico dunque addio/ mentre mi riaddormento,/ o nevicati tetti di Parigi».
Dalla poesia alla realtà. La Natività e le nascite a picco in Veneto. Bollettini statistici impietosi inducono riflessioni, oltre il Natale. Ci sono più ultraottantenni che nuovi nati, nelle nostre contrade. Non sono tornati i valori pre-crisi, quando il Veneto registrava flussi in ingresso dall’estero superiori ai 50mila nuovi abitanti,ogni anno, e con essi anche nuove nascite. Gli stranieri anzi fanno registrare sempre più flussi in uscita, con ritmi crescenti. Dati congiunturali da affiancare ad un Pil complessivamente positivo per questa nostra Regione. Il ragionamento comunque si allarga. E torna a portarci a riflettere sulle politiche demografiche, indispensabili per nutrire di energie e di speranza, di nuovo, il Veneto.
Tornando alla vigilia della festa, lasciando da parte la coreografia tradizionale, pensiamo, con Giovanni Testori che «Natale è la nascita assoluta, riflette e assume, illumina e redime, benedice e consacra tutte le nascite di prima e tutte le nascite di poi. Per convincerci: Ogni uomo che venga alla luce ripete il miracolo del Natale».