Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Monti commissariata un mese di tempo per salvare i 250 lavoratori
Il Tribunale delle imprese anticipa i tempi del sì all’insolvenza: evitato il fallimento L’attività continua: un mese di tempo per valutare l’ammissione alla legge Prodi
TREVISO Dopo un mese con il fiato sospeso, i 249 lavoratori della Tessitura Monti di Maserada, nel Trevigiano, vivranno una pausa natalizia di relativa serenità. Il Tribunale delle imprese di Venezia ha dato l’ok al commissariamento allontanando per il momento il. Il commissario giudiziale sarà Fabio Pettinato, commercialista di Milano: avrà un mese per portare l’azienda all’amministrazione straordinaria.
TREVISO Dopo un mese con il fiato sospeso, in uno stato di incertezza che sembrava non dissolversi, i 249 lavoratori di Tessitura Monti, di Maserada, nel Trevigiano, vivranno una pausa natalizia di relativa serenità. Il Tribunale delle imprese di Venezia ha dato ieri il via libera al commissariamento dell’azienda, accogliendo la richiesta di stato d’insolvenza avanzata a metà novembre dalla proprietà, dopo la rottura di una trattativa con un non identificato fondo svizzero, ed allontanando per il momento l’incubo del fallimento. Da oggi il commissario giudiziale incaricato, Fabio Pettinato, commercialista di Milano, avrà un mese di tempo per passare al setaccio ogni documento della contabilità della storica casa trevigiana e verificare se vi siano le condizioni per compiere il passo successivo, cioè affidare la gestione ad un amministratore straordinario secondo lo schema previsto dalla legge «Prodibis».
In altri termini, si tratta di far gestire la società a soggetti terzi e, con l’allontanamento dei proprietari, segnare la conclusione di una storia aziendale secolare sempre rimasta in mano al fondatore ed ai suoi discendenti. «Era la notizia che aspettavamo con grande speranza – è il solo commento che giunge dalle organizzazioni sindacali – e la conferma che anche il Tribunale ha riconosciuto il valore della Monti per il tessuto produttivo del nostro territorio, preservando così la continuità aziendale».
Pochi giorni dopo l’annuncio del fallimento dei negoziati con gli ipotetici investitori stranieri, la cui identità non è stata comunicata neppure al tavolo di crisi convocato dalla Regione, e del ricorso alla magistratura, l’assemblea dei lavoratori aveva deciso di continuare ad operare come tutti i giorni pur in assenza di garanzie sul pagamento degli stipendi (in seguito comunque corrisposti). Una scelta collegata all’importanza di mantenere verso fornitori e clienti rapporti costanti e corretti e di non deteriorare quindi l’immagine di un marchio ancora appetibile agli occhi di potenziali compratori. I quali dovranno tuttavia considerare i conti della società.
Il gruppo di Maserada, che ha stabilimenti anche in Repubblica Ceca e in India, oggi ha debiti per una settantina di milioni, di cui una quindicina nei confronti delle banche (Unicredit, Intesa, Friuladria, Banco Bpm e altre). Se riesce ad esprimere un fatturato che supera i 100 milioni gli ultimi dati noti delle perdite, quelli del 2017, parlano di 3,5 milioni. Comunque sia, il percorso su cui la società ora è instradata, ricalca quello intrapreso da un’altra big della moda trevigiana, Stefanel, pure la cui storia recente ha registrato l’uscita della famiglia fondatrice e l’imbocco di una soluzione di continuità alternativa al fallimento. Una vicenda, quella di
Stefanel, che ha portato però la società a spostare il proprio centro a Milano, svuotando o quasi lo stabilimento originario a Ponte di Piave, e ad assumere con evidenza la fisionomia di una realtà commerciale. Per Monti l’evoluzione attesa è diversa, data anche la forte natura produttiva che conserva. Non paiono cioè privi di ottimismo rumors che giungono da ambienti collegati e che riferiscono di interessi di investitori industriali italiani sull’asset trevigiano. Ma per tutto questo si è a fasi appena embrionali e ancora fragilissime.