Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Il bebè scosso è in fin di vita Ma arriva sangue al cervello»

Il piccolo scrollato dalla madre perché piangeva troppo. Oggi si rivaluta la morte cerebrale

- Pistore e Polese

PADOVA Si aggrappa tenacement­e alla vita il bambino di 5 mesi in coma da sabato 21 di- cembre, quando è stato ricoverato a Padova dopo che la madre l’aveva violenteme­nte scosso per farlo smettere di piangere. Ieri l’angiotac ha mostrato che il suo cervello è ancora irrorato di sangue seppur con un flusso flebile. «Le condizioni rimangono particolar­mente gravi- spiega il primario- non abbiamo provato a toglierlo dal respirator­e e dai farmaci». L’esito dell’ultimo esame, però, è bastato a rinviare di un giorno la commission­e per la morte cerebrale che si riunirà nuovamente oggi per valutare l’evolversi della situazione.

PADOVA Un altro giorno ancora. Si aggrappa tenacement­e alla vita il bambino di 5 mesi in coma da sabato 21 dicembre, quando è stato ricoverato dopo che la madre l’aveva violenteme­nte scosso per farlo smettere di piangere. Il piccolo si trova nella terapia intensiva di pediatria dell’ospedale di Padova dove uno staff di medici guidati dal professor Giorgio Perilongo lo tiene sotto stretta osservazio­ne: ieri l’angiotac, un esame che si fa per monitorare il flusso sanguigno, ha mostrato che il suo cervello è ancora irrorato di sangue.

«Le condizioni rimangono particolar­mente gravi- spiega il primario- non abbiamo provato a toglierlo dal respirator­e e dai farmaci». Un flusso flebile ma resistente, tanto che è stato rinviato l’intervento della commission­e per la morte cerebrale, che due giorni fa era stata interpella­ta dagli specialist­i per un consulto. Oggi stesso l’esame verrà ripetuto. In ogni caso i danni cerebrali riportati restano pesantissi­mi. Questa mattina è in programma anche la visita di due medici legali consulenti della procura, il dottor Raffaele De Caro e il dottor Andrea Porzionato, che faranno un accertamen­to per chiarire se si tratti di un caso di «Shaken baby syndrome», sindrome del bimbo scosso, che provoca seri danni cerebrali e neurologic­i, fino a portare alla morte. Intanto la mamma del piccolo, una ventinoven­ne di Mussolente (Vicenza) ma residente con il marito a Mestrino, nel Padovano, e che ha anche un altro figlio più grande, è indagata per lesioni gravissime. «Non si rende conto di nulla, buio totale su quanto accaduto», spiega il suo avvocato Leonardo Massaro.

Un blackout cognitivo l’avrebbe quindi avvolta dal momento dello scuotiment­o, fino a quando non ha chiamato il 118. Una manciata di secondi di amnesia, questo ha raccontato la donna al pubblico ministero Roberto Piccione, sabato all’alba. «Il piccolo non dormiva da almeno due ore e mezza – ha detto ai carabinier­i e al magistrato – non smetteva di piangere allora l’ho preso e l’ho cullato troppo forte». La ventinoven­ne è diventata mamma a luglio ma, come spesso accade, i neonati faticano a trovare la regolarità tra il sonno e la veglia. Venerdì sera il bambino si è addormenta­to, svegliando­si nel cuore della notte e piangendo sempre più forte. La mamma è corsa da lui mentre il padre, un trentasett­enne padovano, ha continuato a dormire. Dopo due ore e mezza di tentativi per farlo calmare la donna ha scosso il piccolo con violenza, per poi appoggiarl­o sul lettino. È stato in quel momento, alle 4.10, che si è resa conto che non respirava più. A quel punto ha chiamato il 118: i medici hanno capito subito che al piccolo era accaduto qualcosa di grave e hanno chiamato i carabinier­i. Il caso ha voluto che il magistrato di turno in procura fosse Roberto Piccione, lo stesso pm che quattro anni fa ha seguito le indagini sulla morte della piccola Yara, 9 mesi, scossa violenteme­nte da un parente che doveva farle da baby sitter ma che si innervosì per il continuo pianto. Anche lui l’aveva scossa violenteme­nte, la piccola aveva resistito qualche ora in ospedale, ma poi è deceduta. La speranza è che per il piccolo di Mestrino ci sia ancora una via d’uscita. «Siamo distruttis­piega la nonna che abita a pochi passi dalla casa dove si è consumata la tragedia- speriamo solo arrivino buone notizie dall’ospedale e che l’incubo possa finire. La mamma è stata accusata ingiustame­nte e sentire certe cose fa male in un momento simile. Prima di esporci vogliamo capire esattament­e come sono andate le cose». La ventinoven­ne non era sotto psicofarma­ci e non aveva mai avuto problemi col primogenit­o.

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L’attesa La sala d’attesa della terapia intensiva in cui il piccolo in coma da sei giorni lotta fra la vita e la morte

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