Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’altra faccia dei giovani in fuga Meno laureati assunti in azienda
Ingressi in calo rispetto agli anni di crisi. Bene Padova e Vicentino, non Verona e Venezia
Il fenomeno della migrazione
VENEZIA giovanile e intellettuale all’estero dei veneti è al centro delle valutazioni unanimemente preoccupate per l’impoverimento del nostro tessuto sociale, il mancato ricambio in termini di competenze e capacità, lo spreco di risorse formative che vengono capitalizzate altrove. Per capire ancora più a fondo da quali fattori questo fenomeno è determinato, abbiamo fatto un esperimento al contrario. Ovvero abbiamo cercato di misurare la tracciabilità lavorativa dei laureati in Veneto. In pratica si cerca di capire dove vanno a lavorare i cervelli che non fuggono all’estero per meglio individuare ciò che rimane attrattivo del nostro sistema e ciò che invece non funziona adeguatamente.
Abbiamo raccolto due tipi di informazioni: a) la percentuale di laureati assunti nel 2018 sul totale di assunzioni realizzate in ogni Centro per l’impiego del Veneto; b) la comparazione con l’anno 2008, prima della crisi, e 2013, anno intermedio tra 2008 e 2018. Ne è venuta fuori una mappa del Veneto in parte nota, ma con elementi di trasformazione molto veloci che richiedono una chiave di lettura aggiornata. Fatte 100 le assunzioni, la media percentuale delle assunzioni di laureati del 2018 in Veneto è 13,4. Intanto un dato macro: due punti in meno del 2008 (15,4%). È la crisi, si dirà. Non è del tutto vero, perché questa percentuale di laureati nel 2013 era salita anche rispetto al 2008 (16,5%).
La geografia degli indicatori migliori si incardina nel Centro per l’impiego di Padova: 20,7%, storicamente leader, e si irradia per quasi tutto il Vicentino della pianura alta e della Pedemontana con Valdagno, secondo sistema regionale dopo Padova, poi a seguire Lonigo, Bassano e SchioThiene, con unica eccezione sotto la media Arzignano; nell’Alta Padovana di Camposampiero e Cittadella, ma anche Abano e Montagnana, per diramarsi poi con tre «dita»: verso nord (Belluno e Feltre), verso nord est (Vittorio Veneto, Castelfranco, Treviso, Conegliano) e verso est (Dolo e Mirano). Appena sopra la media, invece Verona e alcuni centri come Conselve.
Passando alla geografia degli indicatori, sotto la media regionale spicca il caso di Venezia 12,7%, che nel 2008 aveva il miglior indice di tutto il suo territorio e invece oggi condivide con Rovigo questa riduzione che la porta in fondo alla classifica. Le debolezze maggiori si avvertono, quindi, nelle aree vaste di Verona e di Venezia. Verona: solo la città, come detto, è appena sopra la media, Villafranca, San Bonifacio, Legnago, Affi, sono sotto media con Bovolone fanalino assoluto di coda di tutto il Veneto (6,2%). A Venezia seguono poi con risultati negativi anche Chioggia e soprattutto il Veneto Orientale (San Donà e Portogruaro). Va rilevato che non tutta la Pedemontana mostra i valori positivi di quella vicentina e della zona di Conegliano e Vittorio Veneto. Sono sotto la media Montebelluna, Pieve di Soligo, Oderzo. Infine, con neessuna sorpresa, le aree più periferiche del Veneto, vanno sotto i dieci punti: Monselice nel Padovano, Agordo e Pieve di Cadore in montagna, infine il Polesine, con Rovigo, Badia e Adria indietro.
La geografia degli indicatori migliori è molto associabile a quella dei sistemi industriali maggiormente evoluti, ma anche dei centri urbani di media dimensione con servizi terziari avanzati e al centro di distretti agrituristici di eccellenza. Un’osservazione sul Vicentino, territorio che si caratterizza per migliori tassi d’inserimento di laureati. Forse, oltre all’industria evoluta, indubbiamente qui sussiste un ulteriore elemento di forza: potrebbe essere individuato nell’università costruita nel capoluogo berico con una particolare aderenza ai fabbisogni di figure qualificate del tessuto produttivo. Invece, la diagnosi sulle criticità chiama in causa città e territori importanti come quelli di Venezia e Verona che da questo punto di vista non stanno dimostrando un’evoluzione di tipo metropolitano. In chiaroscuro, quindi, questo sorvolo obbliga a mettere l’accento sia sui problemi di remunerazione dei lavori per i laureati, sia dell’inadeguatezza della nostra struttura urbana e, per certi versi, anche sull’offerta universitaria rispetto al territorio.
I casi positivi
Sono legati a centri urbani e sistemi industriali evoluti. Il caso ateneo a Vicenza
Le sirene d’allarme
Venezia in calo: con Verona distante da un’evoluzione metropolitana