Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Manovra, l’ira dei sindaci veneti
Conte (Anci): «Virtuosi, ma penalizzati». Il sottosegretario Variati: «Ora interverremo»
Costretti a licenziare, anziché ad assumere come speravano, perché «troppo virtuosi». È il paradosso denunciato dai sindaci del Veneto, furiosi per la nuova norma sul turnover dei dipendenti. «La riscriviamo insieme» promette il sottosegretario Variati.
VENEZIA Un giudizio «non positivo» su una manovra «frutto di accordi al ribasso». Con una norma, in particolare, che non va giù ad Anci Veneto: quella sul turnover, ossia la sostituzione del personale in pensione. «Danneggia i nostri Comuni, perché sono virtuosi. È un paradosso ma con le nuove regole non veniamo messi nelle condizione di assumere piuttosto rischiamo di dover licenziare» attacca il sindaco di Treviso, e presidente di Anci Veneto, Mario Conte.
La questione è tecnica ma, come sempre accade quando si tratta dei dipendenti dei municipi, rischia di impattare pesantemente sui servizi erogati ai cittadini e alle imprese e sulla velocità della macchina burocratica. Fino ad oggi, nell’ottica del contenimento della spesa pubblica, i governi che si sono succeduti a Roma hanno consentito ai Comuni di sostituire il personale che via via andava in pensione solo in percentuale ridotta (prima il 25%, poi il 75%). Un meccanismo che, applicato in modo indistinto, ha però lasciato invariato il rapporto tra il personale in servizio nel Comune e i cittadini del Comune stesso, così che chi aveva dipendenti in eccesso rispetto alla media ha continuato ad averli e chi ne aveva in difetto pure è rimasto nella stessa situazione, come sempre accade con provvedimenti ad impatto lineare.
Il governo Conte 2, pressato da Anci nazionale, ha deciso di superare questa logica e di individuare un nuovo meccanismo di calcolo, che proprio per riequilibrare gli organici dei diversi Comuni mette in relazione la spesa per il personale con le entrate correnti degli ultimi tre anni. Più alte sono quest’ultime, più alto - si presuppone - sarà il fabbisogno di personale dell’ente (come si può intuire confrontando il bilancio di Milano, 3,1 miliardi di euro, con quello di Morterone, 100 mila euro).
Ma che succede se un Comune, virtuoso, esternalizza un servizio, con le relative entrate, magari dopo essersi consorziato con altri Comuni proprio per risparmiare e creare economie di scala? «In moltissimi Comuni i servizi pubblici di fondamentale rilevanza economica da anni vengono svolti in forma associata, tramite società interamente pubbliche - spiega Conte esempi ne sono la gestione dei rifiuti urbani, e il servizio idrico integrato, presi in carico attraverso gli ambiti ottimali, da tempo costituiti anche per la gestione delle tariffe e la riscossione. È il caso, solo a titolo di esempio, dei Comuni della Città Metropolitana di Venezia tramite Veritas o della Provincia di Treviso tramite Contarina. Ne consegue che nei bilanci di questi Comuni, a differenza di gran parte del resto d’Italia, non figura la Tari tra le entrate correnti. E neppure, tra le spese correnti, il servizio di igiene urbana. Il risultato è un rapporto evidentemente iniquo per la determinazione della soglia della spesa per il personale. E non si tiene conto prosegue il presidente di Anci Veneto - della gestione di altri servizi tramite soggetti pubblici che si occupano della riscossione diretta per conto dei Comuni, così che tariffe e proventi di carattere tributario non vengono contabilizzati tra le entrate correnti del
Comune ma trovano riscontro nella contabilità del soggetto gestore, sottoposto a controllo pubblico».
Conte ricorda che «la spesa pro capite del personale dei Comuni del Veneto è tra le più basse a livello nazionale» e chiude perentorio: «Da una rapida verifica con molti municipi, tutti verrebbero penalizzati». Insomma, «con la manovra non è stato fatto nessuno sforzo significativo per i Comuni».
Un giudizio quanto meno
ingeneroso secondo Achille Variati, ex sindaco di Vicenza ed oggi sottosegretario all’Interno con delega agli enti locali: «In una manovra da 30 miliardi, 23,5 dei quali necessari per sterilizzare l’Iva, abbiamo alzato da 400 a 500 milioni i fondi per la manutenzione del patrimonio comunale, fino al 2024; abbiamo stanziato 85 milioni per le progettazioni, un problema specie nei piccoli Comuni, che salgono a 128 milioni nel 2021; abbiamo alzato di 350 milioni nel 2021, 350 milioni nel 2022 e 550 milioni dal 2023 al 2025 i fondi per le opere pubbliche; abbiamo sbloccato il fondo dei crediti di dubbia esigibilità, liberando liquidità; abbiamo stabilizzato a 110 milioni il contributo Imu e Tasi, dopo aver unificato il tributo nell’ottica della semplificazione; abbiamo riattivato il fondo di solidarietà comunale fermo da 2 anni, incrementandolo di 100 milioni nel 2020 e 200 milioni nel 2021; abbiamo riformato la riscossione, regolata da norme risalenti al 1910 e non ultimo, abbiamo alzato le indennità dei sindaci dei piccoli Comuni. Se questo è un accordo al ribasso .... ».
Esiste, questo lo ammette anche il sottosegretario, il problema del turnover, che però «è una specificità veneta, tanto è vero che il meccanismo di calcolo basato sulle entrate è stato voluto proprio da Anci nazionale. Il ministero della Funzione pubblica ne aveva suggerito uno basato sulla spesa, che i Comuni non hanno voluto. Dunque Anci Veneto forse farebbe meglio a chiamare i suoi referenti a Roma per lamentarsi». Ciò detto, Variati assicura la massima collaborazione: «Il problema esiste e va assolutamente corretto. La sede più opportuna credo sia la legge di conversione del decreto fiscale, che dovrebbe arrivare in aula per la metà di febbraio. Per allora, farò in modo di riscrivere la norma insieme ad Anci Veneto, tenendo conto anche della questione dei “crediti assunzionali” maturati da alcuni Comuni, come Padova, ed ora cancellati». Chiude Conte: «Il nostro approccio naturalmente è costruttivo abbiamo soluzioni per migliorare la legge e siamo pronti a lavorare insieme».