Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Fondi al M5S, «deficit» veneto da 60 mila euro
Il ministro D’Incà: «In ritardo per i tanti impegni». Vanin: «Ma il nostro è l’unico partito trasparente»
VENEZIA Circa 60 mila euro di deficit: a tanto ammonta la cifra che i parlamentari veneti del M5S devono restituire al movimento, 2.300 al mese a testa da decurtare dallo stipendio. I ritardi, a novembre, vanno dai 30 giorni ai 6 mesi, ma deputati e senatori assicurano: «Provvederemo in tempi brevi».
VENEZIA Il loro «consuntivo» di fine anno rileva un passivo che, cifre alla mano, sfiora i 60 mila euro a novembre. Con alcuni parlamentari che risultano piuttosto indietro nella devoluzione (obbligatoria) di parte dei loro stipendi al partito. Ma c’è chi imputa il problema al sito non aggiornato («ho versato tutto il dovuto») e chi, al contrario, ammette il ritardo ma solo «per i tanti impegni», e di aver approfittato del Natale per recuperare il tempo perduto.
La questione dei fondi al Movimento 5 Stelle tocca anche i dieci deputati e senatori veneti, solo uno dei quali l’onorevole Arianna Spessotto - risulta abbia interamente versato i 2.300 euro mensili fino a novembre, ultimo mese contabilizzato. Nel complesso i ritardi varierebbero dai 30 giorni della senatrice veneziana Orietta Vanin - che, tuttavia, assicura di aver onorato gli impegni fino all’ultimo centesimo - ai sei mesi dell’onorevole Mattia Fantinati, il cui ultimo bonifico risalirebbe a maggio, passando per Alvise Maniero (secondo cui «gli ultimi 6 mila euro saranno rendicontati domani», ossia oggi) fino al ministro per i Rapporti con il Parlamento, il bellunese Federico D’Incà, ancora indietro di quattro mesi (l’ultimo versamento è di luglio). Proprio D’Incà, comunque, garantisce di essersi messo d’impegno per colmare la lacuna: «Chiuderò tutto a breve. Da ministro (è in carica dal 5 settembre, ndr.) ho avuto parecchio lavoro da fare, ma non dimentichiamo che in 6 anni ho versato oltre 260 mila euro fra stipendio, indennità di Questore della Camera e vicepresidenza della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione», spiega D’Incà al Corriere del Veneto.
Ma facciamo un passo indietro: il Movimento 5 Stelle ha reso obbligatorio, per deputati e senatori, la restituzione di parte dello stipendio. La quota minima ammonta a 2.300 euro, ossia 2 mila direttamente al M5S (con quei soldi è stato finanziato anche il fondo per il microcredito, nato per sostenere i piccoli imprenditori in difficoltà) e 300 alla Piattaforma Rousseau. Altri 1.500 rappresenterebbero una sorta di quota volontaria. La filosofia di fondo è questa: per vivere decorosamente bastano 3 mila euro al mese. Il resto deve tornare ai cittadini. «Ed è giusto che sia così: per noi è diventata una routine e ne sono molto orgoglioso», esclama il ministro D’Incà. L’esponente del governo Conte deve ancora versare 9.200 euro, ma - giura - è solo questione di giorni. «Dopo l’incarico i miei impegni si sono moltiplicati, sto compilando le ultime carte ed effettuerò i bonifici». Anche perché D’Incà tiene a precisare come, malgrado la carica ministeriale, conduca una vita morigerata nella Capitale: niente attici né appartamenti vista Colosseo da mantenere, ma una semplice stanza alla Casa del Pellegrino gestita dalle suore francescane. «Vivo in 25 metri quadri: letto, armadio, bagnetto e una scrivania. Non mi serve altro. Mi sveglio alle 6, al ministero vado a piedi o con i mezzi e rientro a tarda sera». E quanto paga? «Poco, ma rispetto le suore e non sarebbe corretto rivelare la cifra. Non ho mai cercato lussi: provengo da un piccolo centro ed ho sempre vissuto in un clima di normalità». Ma le polemiche esplose dopo le dimissioni del ministro Fioramonti, che dovrebbe versare 70 mila euro? «Le capisco, ma chi deve farlo si metterà in regola».
Fra i ritardatari c’è l’onorevole veronese Mattia Fantinati: secondo il sito tirendiconto.it, attivato dal M5S per monitorare la trasparenza dei suoi parlamentari, avrebbe restituito la paga solo fino a maggio e deve ancora versare 13.800 euro. Sulla questione il deputato è sbrigativo: «Nessun problema, non so cosa dica il sito, regolarizzerò la mia posizione», si limita a dichiarare. Tra le più «virtuose», invece, c’è la senatrice Orietta Vanin: tecnicamente sarebbe in regola fino a ottobre, ma i 2.300 euro mancanti - dice - «sono stati devoluti: il sito non è aggiornato». Quanto ai ritardatari cronici Vanin è lapidaria: «Quando si sottoscrive un impegno con i cittadini è doveroso onorarlo. Ho svolto il ruolo di assessore per 5 anni percependo un rimborso di soli 560 euro e so cosa significa impegnarsi per amministrare». E chi non ha ancora ottemperato? «Credo che lo farà. La documentazione da compilare è complessa, occorre tempo». E chiude con uno sfogo: «Non capisco questo accanimento sul Movimento: siamo l’unica forza politica a dichiarare pubblicamente quanti soldi percepiamo e come li utilizziamo. Nessun altro partito spiega come spende, per esempio, i fondi per i collaboratori. Noi sì. Ed è ridicolo attaccarci per una questione simile».
D’Incà Vivo dalle suore in una stanza, a breve ultimerò i pagamenti
Vanin Non capisco gli attacchi, nessun altro dichiara come usa i soldi