Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Smartworking accordo pilota per i «piccoli»
Siglata l’intesa regionale tra organizzazioni artigiane e sindacati: è il primo caso in Italia
VENEZIA È stato firmato nei giorni scorsi, tra le organizzazioni datoriali dell’artigianato e i sindacati, un accordo pilota - il primo in Italia - che punta a estendere anche alle piccole e micro imprese l’utilizzo dello smartworking, cioè il «lavoro agile» che i dipendenti possono svolgere dove preferiscono, senza doversi recare in ufficio.
VENEZIA Smartworking, tradotto «Lavoro agile». Significa poter svolgere il proprio servizio alle dipendenze di un’impresa senza dover necessariamente essere presenti in ufficio o in fabbrica, perché molti dei compiti che si è tenuti ad assolvere possono essere gestiti attraverso strumenti informatici e in connessione via web con il sistema aziendale.
Già possibile da qualche tempo nelle realtà più strutturate e disciplinato da intese raggiunte con la contrattazione aziendale, dal 2020 l’opportunità, per la prima volta in Italia, sarà alla portata anche delle piccole e micro imprese del Veneto, grazie a un accordo regionale sottoscritto pochi giorni fa da tre organizzazioni artigiane venete (Confartigianato, Cna e Casartigiani) e dai sindacati Cgil, Cisl e Uil. Si tratta di un’intesa raggiunta al termine di un’indagine che rientra in un progetto della Regione Veneto sulla percezione e sulle potenzialità dello smartworking e che ha lo scopo di consentire l’accesso al «lavoro agile» anche ai dipendenti di realtà produttive in cui, a causa della loro ridotta dimensione, non sia prevista una dialettica sindacale a livello aziendale.
In altri termini, con l’accordo regionale si è disegnata una «cornice» applicabile a ciascuna situazione e personalizzabile a seconda delle diverse esigenze. Ora spetta ai vari datori di lavoro recepire, naturalmente su base volontaria, la nuova opportunità, dopo avere valutato l’adattabilità del modello di smartworking alle peculiarità sia del prodotto sia dell’organizzazione del lavoro.
«Rispetto al percorso di introduzione dello smartworking nelle aziende di medie e grandi dimensioni – è la riflessione di Francesco Giacomin, segretario uscente della Confartigianato del Veneto – qui ci troviamo di fronte alla necessità di una comunicazione capillare in miriadi di realtà molecolari, per cui credo che questo primo anno sarà impiegato quasi esclusivamente a spiegare come funziona lo strumento e quali cambiamenti culturali porta con sé. Vogliamo cioè far passare il messaggio della sostenibilità, non attraverso enunciazioni astratte ma rendendo disponibile un metodo a portata di mano per una platea molto ampia e variegata di piccoli imprenditori».
Sostenibilità che consiste, evidentemente, nel far «risparmiare» il tragitto da casa al luogo di lavoro per un certo numero di giorni la settimana o al mese, permettendo al dipendente di svolgere il suo ruolo all’interno di orari fissi concordati o di fasce più o meno elastiche in cui eseguire gli incarichi assegnati. E la «rotazione culturale» diventa perciò quella di un diverso rapporto di fiducia fra datore di lavoro e collaboratore, un concetto che salta la tradizionale componente del controllo diretto e si consolida in un più responsabile spazio di fasce di disponibilità. Significa, in pratica, dover tenere accesi telefono e pc entro certi orari ma non essere obbligati a farlo al di fuori di essi.
«Non punteremo perciò alla quantità di adesioni – prosegue Giacomin – ma a cercare di far sapere a tutti che, per chi lo desideri, un modo per provare a usare lo smartworking esiste, con tutti i sacri crismi della regolarità. Potranno così stare tranquilli anche tutti quelli che, fino ad ora, accettando il rischio di forzature per esempio sotto il profilo assicurativo, il lavoro agile lo stanno già applicando normalmente».
Soddisfazione per l’accordo raggiunto artiva anche dalle organizzazioni sindacali. «Questo risultato – sottolinea Gianfranco Refosco, segretario generale della Cisl del Veneto – nasce dalla condivisione dell’opportunità di supportare una modernizzazione organizzativa anche nella piccola e micro impresa, con la consapevolezza, comunque, che non tutte le produzioni si prestano allo smartworking. La metalmeccanica o il tessile, ad esempio, richiedono chiaramente la presenza fisica del lavoratore sulle macchine. Nelle fasi di progettazione o per le funzioni commerciali, però, il luogo in cui si trova ad operare il personale addetto non è così rilevante. Il fatto che a sostenere il progetto sia stata la Regione Veneto – evidenzia ancora il leader sindacale Cisl – dimostra che, se le istituzioni pubbliche mettono a disposizione strumenti di conoscenza, si possono affrontare percorsi di vera innovazione».
I margini entro cui datore e lavoratore possono individuare punti di intesa sono particolarmente ampi.
L’accordo, che ha durata triennale, lascia alle parti la scelta di decidere se lo smartworking sia prevalente o meno rispetto allo svolgimento ordinario della prestazione all’interno dell’impresa – per esempio limitato ad alcuni giorni la settimana oppure in modo esclusivo per un certo numero di mesi – e in quali luoghi esso possa avvenire. Il lavoratore può decidere dove svolgere il proprio servizio, cioè, purché l’ambiente rispetti le norme di sicurezza, abbia caratteristiche idonee di aerazione e illuminazione e assicuri il rispetto della riservatezza dei dati aziendali trattati dal dipendente.
Per quanto riguarda l’attrezzatura, cioè pc e terminali di altro tipo, è infine previsto che debba essere fornita dal datore di lavoro, il quale deve anche garantirne la conformità alle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza.
Giacomin Ora c’è un metodo a portata di mano per una miriade di piccoli imprenditori
Refosco Per le funzioni commerciali o di progettazione può essere una svolta