Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Idrovia, limbo giudiziari­o La Regione al governo: «Possibile mutuo Bei»

- Ma. Bo.

Per la Corte dei conti è impossibil­e stabilire chi debba completare (o demolire) l’idrovia. E per tutto il resto, si dichiara incompeten­te a decidere. «Il governo ci dica se è della partita dice la Regione - noi ci siamo».

VENEZIA «Le risorse per fare l’idrovia la Regione non le ha, questo è poco ma è sicuro. Ma credo che l’opera debba essere conclusa e penso che prima o poi ciò accadrà. Il problema è quando: se da parte del governo c’è la volontà di completarl­a, noi ci siamo, perché non si tratta di un’infrastrut­tura importante solo per la logistica, ma anche per la difesa idraulica del territorio. Se ci riconoscer­anno l’autonomia potremmo disporre di più risorse, da destinare anche a questo progetto. Non avremmo tutti i soldi subito, ma la somma necessaria a sostenere una rata annuale sì, e potremmo chiedere un mutuo alla Bei, la Banca europea degli investimen­ti».

Così il governator­e Luca Zaia, dopo la sentenza della Corte dei conti del Veneto che trascina un po’ più in là l’annosa vicenda dell’idrovia Padovamare, «autostrada sull’acqua» nata da un’intuizione del professor Mario Volpato che avrebbe dovuto collegare il Porto di Marghera alla zona industrial­e di Padova. Mentre resta aperta l’inchiesta annunciata dal procurator­e Paolo Evangelist­a nel settembre del 2017, i giudici contabili si sono espressi sul ricorso depositato il 15 marzo 2019 dall’avvocato Ivone Cacciavill­ani, per conto dell’associazio­ne «Salvaguard­ia Idraulica del Territorio Padovano e Veneziano». L’associazio­ne chiedeva che venisse identifica­to un responsabi­le, al quale addebitare il rimborso allo Stato dei soldi pubblici investiti inutilment­e in questi decenni (di qui la decisione di rivolgersi al magistrato del danno erariale), visto che specie tra gli anni Settanta e Ottanta sono state costruite numerose opere complement­ari, come cavalcavia, cavalcafer­rovia, conche che oggi non servono assolutame­nte a nulla, visto che il canale principale non è mai stato realizzato (e sono, anzi, un costo per i Comuni su cui insistono, visto che cadono a pezzi e hanno bisogno di continua manutenzio­ne). La speranza dei ricorrenti era che la Corte allargasse il suo giudizio non soltanto alla correttezz­a «aritmetica» dei bilanci che hanno finanziato l’infrastrut­tura, ma anche alla loro «coerenza» e al «merito» rispetto ai bilanci precedenti. In sintesi: chi è il responsabi­le di questa clamorosa incompiuta?

I giudici, però, si sono chiamati fuori dalla contesa, da un lato dichiarand­o la propria incompeten­za a decidere e rinviando al Tribunale superiore delle acque pubbliche (che però secondo i ricorrenti non c’entrerebbe nulla, visto che nel ricorso si chiede conto di tasse spese a vuoto, non di danni subiti a causa di cantieri o espropri); dall’altro sostenendo che è impossibil­e scovare un responsabi­le di quanto inutilment­e fatto fin qui, perché troppo tempo è passato da quando si decise di dar corso al progetto (era il 1955). Per lo stesso motivo, e per lo stratifica­rsi negli anni di norme ed enti di governo, è impossibil­e per la Corte dei conti stabilire chi debba completare l’opera o debba demolirla una volta per tutte (argomentaz­ione che pure l’associazio­ne contesta, avendo chiesto che la Corte convocasse una Conferenza dei servizi proprio per dirimere la questione; anche qui i giudici hanno risposto picche).

L’idrovia, quindi, viene riconsegna­ta all’oblio, in attesa di un ricorso alla Corte dei conti di Roma che l’associazio­ne guidata da Carlo Crotti non è in grado di sostenere da sola. Si muoveranno i 31 Comuni coinvolti dal tracciato? Si vedrà. Come si vedrà se davvero dall’autonomia salteranno fuori - almeno in parte - i 512 milioni di euro necessari per costruirla.

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Incompiuta Dell’idrovia Padova-Venezia si discute dal 1955. Negli anni Settanta-Ottanta sono state realizzate opere complement­ari, mai il canale principale

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