Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Marina, l’ostetrica che ha fatto nascere tremila bambini «Ma nessuno è mio»

- Silvia Moranduzzo

PADOVA Marina Semenzato ha dedicato la vita al lavoro di ostetrica. Ha sacrificat­o tutto per amore della sua profession­e, annotando ogni parto in sei piccoli quaderni diventati un grande registro della vita. Nata a Dolo 60 anni fa, ha lavorato tutta la vita all’ospedale di Piove di Sacco, tranne gli ultimi due anni, durante i quali ha prestato servizio all’ospedale dei Colli, a Padova, dopo alcuni problemi di salute. «Dal 2017 seguo il Bro, Basso rischio ostetrico, un progetto della Regione — spiega Semenzato — le gravidanze a basso rischio vengono gestite direttamen­te dall’ostetrica, ovviamente con la supervisio­ne di un ginecologo. La differenza è il metodo stesso: un’ostetrica ha un altro modo di lavorare, che non è migliore o peggiore, solo differente. Abbiamo riscontrat­o una maggiore rilassatez­za nelle donne durante il loro percorso».

Semenzato ha affiancato alla sua carriera (durante la quale ha assistito 3173 parti) altre attività, in una sorta di missione: ha scritto un libro sulla violenza di genere, «Prendersi cura delle vittime di violenza nella multidisci­plinarietà degli interventi.

Aspetti psico-giuridici, criminolog­ici e sanitari» con la psicologa Laura Baccaro e il giudice del Tribunale di sorveglian­za di Venezia Sabrina Camera, e insegna educazione sessuale agli alunni di elementari e medie. «Mi mancherà tanto il mio lavoro ma non credo smetterò così in fretta, ho ancora molte energie — dice —. Fin da piccola sognavo di fare l’ostetrica, è una vera e propria passione. Certo, non mancano le difficoltà, ma non mi arrendo».

Dalle diagnosi fai-da-te con Internet alle violenze nei reparti, fino ai casi di bambini nati morti o deformi, il suo è un lavoro che richiede una grande preparazio­ne psicologic­a. «Ci sono genitori che in sala parto rimprovera­no il personale, come si fa a lavorare così? — si chiede l’ostretica — Mancano educazione, rispetto e dignità. La sanità sta vivendo una crisi d’identità dovuta in parte anche all’estrema informatiz­zazione. Se dobbiamo registrare ogni cosa ci vuole tempo, tempo che viene tolto ad altro. Poi noi vediamo situazioni tragiche, per le quali bisogna sapere come comportars­i. Bisogna sapere cos’è il dolore. A volte basta un gesto per aiutare una mamma, come la composizio­ne della salma di un bimbo nato morto, che è sacra. O quando una 16enne è arrivata in ospedale con il mal di pancia ed erano le doglie. Non sapeva di essere incinta ma ha tirato fuori una grande grinta».

Semenzato si emoziona quando parla dei neonati che ha fatto nascere. E si emoziona anche quando pensa a tutto ciò che ha sacrificat­o. «Ho sempre dato tutto al lavoro, se avessi avuto una famiglia non avrei potuto — spiega —. Non avere avuto figli miei è un mio cruccio ma le cose sono andate così. So di aver fatto del bene e questo mi rinfranca, cerco di vedere il lato positivo».

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Marina Semenzato L’ostetrica va in pensione

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