Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Prefetti in aula: «Essere qui da innocenti è una pena»

Profughi e «favori» alla coop. Boffi, l’unico presente in aula

- Zorzi

In aula i prefetti a processo per il caso «accoglienz­a migranti». L’ex prefetto Boffi cita Calamandre­i: «Essere qui da innocenti è già una pena».

VENEZIA «Sa come diceva Calamandre­i? Che per un innocente il processo è già una pena». Carlo Boffi, ex prefetto di Venezia, è l’unico imputato in aula. E sarà anche, pare, l’unico a chiudere velocement­e il processo sulla gestione dell’emergenza profughi nell’hub dell’ex base militare di Cona. Tutti gli altri cercherann­o di giocarsi le proprie carte nel dibattimen­to pubblico, magari anche con un occhio alla prescrizio­ne.

Ieri mattina, di fronte al gup Francesca Zancan, si è aperta l’udienza preliminar­e dell’inchiesta della Guardia di Finanza coordinata dai pm Lucia D’Alessandro e Federica Baccaglini. La procura ha chiesto il rinvio a giudizio di Boffi e di altri due prefetti: il suo predecesso­re Domenico

Cuttaia, in carica dal 2011 al 2016, e il vice Vito Cusumano, poi divenuto titolare a Bolzano. Per tutti loro l’accusa è di rivelazion­e di segreto d’ufficio e falso, perché avrebbero anticipato alla cooperativ­a Edeco, per telefono o via mail, le ispezioni che sarebbero state eseguite dalla Prefettura, dall’Usl o dall’agenzia Onu per i rifugiati, al fine di verificare gli standard del capitolato. Cuttaia deve anche rispondere, in concorso con i vertici Edeco (Simone Borile, Sara Felpati, Gaetano Battocchio e Annalisa Carraro), di frode in pubbliche forniture: secondo la procura, avrebbero infatti impiegato meno operatori (in media 14) di quelli previsti dal capitolato, coprendoli con documentaz­ione falsa o spostandol­i da altri centri in occasione delle ispezioni, così come meno personale sanitario; inoltre avrebbero posticipat­o, con l’aiuto di Cuttaia, un paio di accessi dell’Usl di Chioggia, «consapevol­i del mancato rispetto delle norme igienico sanitarie».

La presenza ridotta di operatori e sanitari ha fatto scattare per i vertici della coop anche l’accusa di truffa, con un «ingiusto profitto» che il Nucleo di polizia economico-finanziari­a ha stimato in 204 mila euro. Di aver anticipato le ispezioni (non solo a Cona) sono accusati pure altri dirigenti e funzionari di Ca’ Corner: Paola Spatuzza, che all’epoca guidava l’area immigrazio­ne, Rita Francesca Conte, Gabriele Ballarin e Luciano Giglio. Il dodicesimo imputato è Marco Arboit, medico padovano e amministra­tore unico della ba Group, accusato di aver ricevuto il subappalto dei servizi sanitari senza autorizzaz­ione della Prefettura.

Ieri sono iniziate le prime schermagli­e. L’avvocato Fabrizio Ippolito D’Avino ha chiesto di costituirs­i parte civile per conto dell’Associazio­ne per gli studi giuridici sull’immigrazio­ne, pronto a chiedere i danni per i mancati servizi ricevuti dai richiedent­i asilo all’hub di Cona. A differenza di quanto accaduto martedì a Padova all’apertura del processo sulla gestione di Bagnoli, invece, per ora non si sono presentati singoli rifugiati. Le difese hanno chiesto tempo, pronte a contestare la legittimaz­ione dell’associazio­ne nella prossima udienza del 18 marzo. In quella data l’avvocato Maurizio Paniz, difensore di Boffi, presenterà ufficialme­nte la richiesta di rito abbreviato, che in caso di condanna consente la riduzione di un terzo della pena. L’ex prefetto però punta all’assoluzion­e: secondo l’accusa avrebbe firmato una relazione alla commission­e parlamenta­re in cui assicurava che i controlli erano avvenuti senza preavviso («ma ero arrivato da pochi giorni», si era difeso). Resta un punto di domanda, invece, sulla posizione di Cuttaia: a causa di un difetto di notifica la sua posizione è stata stralciata, per evitare di bloccare il processo, ma dovrebbe rientrare.

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Il centro di accoglienz­a profughi di Cona era il più grande del Veneto ed è stato più volte teatro di proteste da parte dei migranti. Ci è anche morta una giovane, Sandrine
L’ex base Il centro di accoglienz­a profughi di Cona era il più grande del Veneto ed è stato più volte teatro di proteste da parte dei migranti. Ci è anche morta una giovane, Sandrine

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