Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Mafia veronese chiesti 31 anni di galera
Il pm ricostruisce la nascita del clan. Primi patteggiamenti
VENEZIA «La conferma che si è trattato di un fenomeno mafioso ce l’abbiamo qui in aula. Abbiamo individuato decine di persone offese, ma solo una si è costituita. All’inizio c’era omertà, poi hanno cercato di sminuire, ora non ci sono. Ci sono solo gli enti pubblici e le associazioni». Si discuteva della costituzione delle parti civili e alla fine è toccato ai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini mettere il dito nella piaga ed esplicitare quello che si era colto già nella scorsa udienza: e cioè che – salvo Fabio Gaiatto, la cui posizione è del tutto particolare (è l’ex broker abusivo di Portogruaro accusato di aver truffato oltre 3 mila clienti, qui vittima di un’estorsione) – tutte le altre persone che hanno subito i reati del clan dei Casalesi di Eraclea hanno deciso di non presentarsi in aula. Il sottinteso è chiaro: sebbene ormai da undici mesi il presunto «boss» Luciano Donadio e i suoi sodali siano in carcere con l’accusa di associazione mafiosa, evidentemente fanno ancora paura. Anche se qualche difensore, fuori dall’aula, sosteneva che fosse anche una questione di costi, di fronte a un processo che si preannuncia lunghissimo.
E così ieri il gup Andrea Battistuzzi, dopo una lunga discussione, ha cristallizzato la situazione di coloro che potranno chiedere i danni alla fine del processo: ci saranno l’Avvocatura dello Stato per conto di Presidenza del Consiglio e ministero dell’Interno, l’associazione Libera (per tutti i reati con l’aggravante «mafiosa») e la Cgil, anche se solo per l’associazione di stampo mafioso. Sono state poi ammesse come parti offese, quindi con la possibilità di sola partecipazione in vista della costituzione vera e propria in dibattimento, la Regione Veneto e la Cisl. Il giudice ha quindi respinto l’eccezione di incompetenza territoriale relativa proprio all’estorsione di Gaiatto e anche quella della difesa di Donadio, con gli avvocati Giovanni Gentilini e Renato Alberini, sull’incostituzionalità della norma recente che prevede il collegamento dei detenuti in videoconferenza per ridurre i costi. «Per noi è difficile un processo del genere, soprattutto con il cliente a Nuoro - spiega Gentilini - La risposta del giudice è che in questa fase non ci sono attività istruttorie, dunque la ripresenteremo al dibattimento».
La procura ha poi iniziato la requisitoria, a conclusione della quale oggi chiederà il rinvio a giudizio di tutti e 75 gli imputati, salvo ovviamente quelli che chiederanno di essere giudicati con il rito abbreviato: per ora in 11 l’hanno confermato, ma ce ne sono altri 10-15 in ballo, che aspettano di sapere chi sarà il giudice, visto che Battistuzzi dovrà occuparsi solo dell’udienza preliminare e «correre» per chiudere con i rinvii a giudizio entro il 19 febbraio, quando scadranno le misure cautelari. Due imputati minori hanno invece annunciato il patteggiamento con l’accordo dei pm: un anno e 4 mesi Tatiana Battaiotto, ex moglie di uno degli «uomini» di Donadio (Tommaso Napoletano) e 2 anni l’imprenditore padovano Giorgio Minelle.
I pm hanno iniziato a ricostruire le origini del clan di Donadio. «Inizialmente ha investito i soldi dei Casalesi, ma poi ha creato un gruppo autonomo e si è affrancato», ha spiegato il pm Terzo. La collega Baccaglini si è poi soffermata su una delle posizioni più delicate, quella dell’ex avvocato di Donadio, Annamaria Marin, accusata di favoreggiamento con l’aggravante mafiosa. Il gip che aveva disposto i 50 arresti aveva ritenuto insufficienti gli elementi per una misura. «Ma da allora ne abbiamo raccolti ulteriori da coloro che hanno collaborato», ha detto Baccaglini.