Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Clan veronese, il pm chiede 31 anni

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Dodici anni per Domenico, detto «Gheddafi», ritenuto il capo. Otto al figlio Antonio, 7 al fratello Fortunato e 4 all’altro figlio Alberto. In totale ieri mattina il pm Paola Tonini ha chiesto 31 anni di carcere per i membri della famiglia Multari, che secondo l’accusa avevano creato una cellula ‘ndrangheti­sta nel Veronese, con epicentro nel piccolo paese di Zimella, dove vivevano. Un clan legato alla cosca Grande Aracri, famosa per essersi insediata soprattutt­o in EmiliaRoma­gna e sgominata dall’inchiesta Aemilia. I Multari sono accusati di estorsioni e ricatti ad alcuni imprendito­ri, aggravati dal metodo mafioso, ed è per questo che le pene chieste dal pm della Dda di Venezia sono state elevate. L’episodio centrale fu una maxi- estorsione ai danni di un imprendito­re padovano, che avrebbe versato a Domenico Multari quasi mezzo milione di euro, vendendo la casa e andando a vivere in una roulotte: lui è l’unico delle venti parti offese che si è costituito parte civile, chiedendo un milione di euro di danni. Le difese hanno però cercato di ridimensio­nare gli episodi, escludendo l’aggravante mafiosa e spiegando che spesso quelle che sembrano essere «vittime» in realtà avevano un interesse diretto nelle operazioni. Il gup David Calabria ha poi rinviato la sentenza al 24 gennaio, quando si terrà anche la discussion­e per i due imputati che hanno scelto il rito ordinario e dunque dovrebbero essere processati a Verona: l’altro fratello di Domenico, Carmine Multari, e il moldavo Dumitru Tibulac, che è irreperibi­le.

Nell’inchiesta era finito inizialmen­te anche l’imprendito­re nautico veneziano Francesco Crosera, accusato di aver «commission­ato» ai Multari l’incendio di una barca in Sardegna e che verrà processato a Sassari. Nel frattempo di recente è ritornato agli arresti domiciliar­i per l’incendio dell’auto di un rivale. (a. zo.)

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