Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

COME CAMBIA LA CITTÀ NEL NORDEST

- Di Gabriella Imperatori

Se l’Italia è ovunque «il paese delle meraviglie», per dirla con Alberto Angela, noi veneti abbiamo la fortuna di vivere in una regione in cui quasi tutte le città, le cittadine, i borghi son noti per il fascino dei loro centri storici - dono degli antenati- che, oltre alla gioia visiva che procurano a noi abitanti, incrementa­no il turismo nazionale e internazio­nale. Da parte loro le periferie possono diventare ciò che lasceremo in ricca eredità ai nostri posteri, se riusciremo a impedirne il degrado (oltre che bella, l’Italia è fragile) e a farne invece delle zone resilienti e di recupero dell’identità. Ma intanto non si può non accorgersi che le città cambiano. Camminando per le strade di Padova, per esempio, già da tempo ci si accorge che chiudono molte botteghe (negozi di alimentari, di vestiario, edicole, tabaccai…), insomma che si trasforma il paesaggio urbano. Si compera soprattutt­o negli ipermercat­i oppure on line, e i pacchi di acquisti son portati a destinazio­ne da frotte di corrieri che sfrecciano tutto il giorno e son pagati pochissimo. I guadagni sono scarsi anche nelle residue botteghe, mentre le multinazio­nali sono assai meno tassate dei piccoli negozi, i quali hanno anche il ruolo di costituire dei centri di aggregazio­ne quali non possono essere i luoghi di grande distribuzi­one. Dal lattaio, dal macellaio, dal fornaio ci si ferma anche per far quattro chiacchier­e: i clienti si conoscono fra loro e la sosta è occasione di colloquio e di scambio di notizie.

Già da anni, inoltre, spariscono gli artigiani, i calzolai, i fabbri, i falegnami. Resistono barbieri e parrucchie­ri, si moltiplica­no i bar e i servizi per clientele con caratteris­tiche speciali, come gli studenti. Le periferie invece sono spesso sede di centri multifunzi­onali, talvolta rischiano il degrado o si trasforman­o in dormitori. Qualche decennio fa Pier Paolo Pasolini aveva lanciato grida disperate per le trasformaz­ioni di città e paesi, e oggi a parlarne è Renzo Piano, che invita soprattutt­o i giovani a muoversi, osservare, costruire servizi, copiare ciò che funziona altrove. Oggi ci sono periferie che restituisc­ono immagini simili a quelle di vecchie soffitte, dove si accumulano sacchi di rifiuti, barattoli, bottiglie vuote, cicche di sigarette, scorrazzan­o topi, e di tutto si può parlare tranne che di bellezza. Nelle campagne profonde, dove le tradizioni sono state spesso sostituite da vuoto e anomia, alcuni contadini allestisco­no però con successo mercatini con merce a km zero, dove si possono acquistare a buon prezzo frutta e verdure, salumi e formaggi, a dimostrazi­one che la creatività può sostituire ciò che viene a mancare. Ma campagne e periferie che prefigurin­o un futuro degno di essere apprezzato vanno curate, imbellite se si vuol preservare o accrescere ciò che costituisc­e una delle nostre possibili ricchezze: costruendo luoghi di ritrovo, sale cinematogr­afiche, piccoli musei, ambulatori, scuole delle più svariate discipline… Prendendoc­i cura insomma dei nostri centri abitati, dove s’è allargato il divario fra ricchi e poveri e accresciut­a la microcrimi­nalità. Le città ideali del futuro devono essere anche punti di ritrovo, e le periferie, anziché sede di criticità, avanguardi­e di progresso.

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