Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Rasò a zero la testa alla figlia: madre condannata

In Tribunale: punizione, la bimba di 9 anni restava a letto per non andare a scuola

- Davide Piol

BELLUNO Quaranta giorni di reclusione per aver rasato la testa alla figlia mentre dormiva. Livia Mateescu, 38enne romena residente nel capoluogo, era imputata per abuso dei mezzi di correzione. Dal suo punto di vista la figlia, di appena nove anni, andava punita «perché non poteva fare quello che voleva. Doveva obbedire».

La colpa della piccola sarebbe stata quella di rimanere a letto più del dovuto arrivando tardi a scuola o, nel peggiore dei casi, saltandola. Fatti che si sarebbero ripetuti alcune volte tra marzo e aprile nel 2017. Così la donna aveva deciso di passare alle maniere forti e una notte, mentre la figlia dormiva, le aveva tagliato i capelli a zero. Un trauma per la bambina che la scuola aveva cercato di alleviare facendo indossare una bandana a tutte le studentess­e. La condanna chiesta dal Pm era stata a tre mesi di reclusione.

Giovedì prossimo, invece, ci sarà il patteggiam­ento a quattro mesi di reclusione per il 54enne Luigino Meneghetti (avvocato Tandura) accusato di lesioni personali aggravate sulla donna con cui conviveva ad Alano di Piave. Il 16 marzo 2019, secondo la Pubblica accusa, Meneghetti prese il coltello che teneva sul comodino e la ferì vicino all’ascella mentre lei era semiaddorm­entata sul letto. La prognosi fu di 30 giorni. I due avevano appena discusso sul luogo in cui avrebbero dovuto dormire i gatti che avevano in casa e l’imputato era sotto l’effetto di alcol e farmaci, assunti per un grave disturbo di personalit­à.

Infine l’avvocato Giorgio Gasperin è riuscito a strappare un’assoluzion­e per Denis Polacco, il 38enne di origini veneziane che, il 18 maggio 2017, entrò nel negozio «Ovs», in centro storico nel capoluogo e urinò sopra alcuni capi d’abbigliame­nto. Il reato contestato dalla Procura era di danneggiam­ento aggravato, il Pm aveva chiesto nove mesi di reclusione.

La tesi difensiva ha cercato di smontare l’imputazion­e secondo cui i vestiti erano stati «danneggiat­i irrimediab­ilmente». Nonostante si trattasse di merce esposta al pubblico, secondo l’avvocato Gasperin, Polacco non la rovinò in modo irreversib­ile, strappando­la, graffiando­le o distruggen­dole, perché, in fin dei conti, bastava lavarla per farla tornare come prima. Il giudice ha assolto l’imputato «perché il fatto non sussiste».

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