Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Tino e Renata, una lettera e una pistola per dirsi addio

- di Giovanni Montanaro

Io me li immagino tanti anni fa. Giovani, con le speranze di chi comincia a volersi bene, e a un certo punto capisce, che si potrebbe stare anche per tutta la vita. Mi immagino che per un istante abbiano pensato a quando uno dei due non ci sarebbe stato più. È un pensiero più raro, in giovinezza, ma che qualche volta sfiora; per la paura di un abbandono, di un incidente, perché a un certo punto si pensa alla vecchiaia, lontana e terribile. Forse è successo quando si sono conosciuti, lui che vinceva le gare di ciclismo, lei che tifava e un poco si arrabbiava, se non c’era mai a casa, le domeniche. O quando sono nati i figli, e si son sentiti che tutto il mondo, tutto il senso della vita era per loro. O un giorno qualunque, alla pompa di benzina dove lavoravano spesso tutti e due; guanti e camicia sporca, tanti sorrisi e qualche incomprens­ione. Mi immagino loro due che si parlano, e si accorgono che non vorrebbero mai restare uno senza l’altra, che non saprebbero come fare, da soli.

Me lo immagino così, il loro amore doloroso, così tragico, finito d’un colpo. Me li immagino come quegli amori ambiti e difficili, inseparabi­li, quelli che mi sembrano perduti, lontani, quelli dei miei nonni, che non si mollavano per niente, anche perché la vita aveva meno alternativ­e, non si poteva mollarsi, non era giusto, castigo e gioia insieme. Amori così ci sono ancora. Amori così li sperano tutti, salvo poi averne paura, andarsene, distrugger­li. Amori cui quasi non si crede più. Amori fraintesi, talvolta irrisi. Amori semplici, senza furbizia. Amori fatti di fatica, costruiti pezzo per pezzo, pieni di crepe e che non crollano, solidi anche di tutte le loro ferite, che spesso neanche si sanno. Tradimenti, paure, che diventano piccoli, nel tempo, come macchie che si sciolgono in un liquido e non si vedono più. È il giorno di San Valentino, chissà se è scelto o senza importanza. A Rovigo, Tino e Renata si coricano a letto. L’hanno fatto insieme migliaia di volte, più di ventimila volte a fare i conti a spanne. Quel letto è stato tante cose nella loro vita, il centro della loro fragilità, della loro nudità; il letto dell’amore, il letto che si fa un figlio, il letto del riposo, delle risate, dei pensieri, il letto che certe volte non si dorme, e si sveglia anche l’altro. Il letto in cui urlano le malattie, i problemi, le angosce. Il letto in cui qualche volta basta una carezza, il modo di trovarsi durante il sonno, per sapere che non si è da soli, che in qualche modo ce la si fa sempre, insieme. È che ieri loro due si son coricati per morire. Hanno deciso che era arrivato il momento, che era quello. E chissà se ne avevano parlato, se han deciso all’improvviso, chissà come funzionano queste cose. Lasciano un messaggio per chiedere scusa, e basta. Un poco si vergognano, sanno forse che non si fa così, ma ogni tanto capita, sono forze più forti del poco che siamo noi esseri umani. Forse è per una malattia. Forse è perché si sentono un peso. Forse sempliceme­nte perché sentono il tempo, lo annusano, capita agli anziani, di sapere qualcosa che non possono dire. Non si sa, perché han deciso di andarsene così. Non c’è bisogno di spiegare, però, perché han deciso di andarsene insieme.

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Tino Bellinello
87 anni Tino Bellinello
 ??  ?? 78 anni Renata Berto
78 anni Renata Berto

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