Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
CERCASI PROGETTO
Le elezioni regionali sono alle porte. Tutto tranne che impreviste: lo si sa da cinque anni. Ci si aspetterebbe che un partito, la cui principale attività è per l’appunto partecipare alle elezioni (sarebbe bello che facesse anche altro, ma siamo realisti), si preparasse per tempo. Che poi non sarebbe difficile: uno straccio di programma, un (o una) leader pronto a correre. La Lega, e il centrodestra, non ha di questi problemi. Il leader vincente c’è già, si chiama Zaia, e nessuno lo mette in discussione: corre per vincere, anzi, rivincere, forse strarivincere. E poiché il destino di tutti gli altri dipende dal suo effetto di trascinamento, nessuno ipotizza alternative.
A maggior ragione stupisce che l’opposizione non sia minimamente preparata. Oltre tutto, proprio perché difficilmente si corre per vincere, ma solo per piazzarsi onorevolmente preparandosi per il prossimo giro, sarebbe ragionevole aspettarsi una certa preparazione, una capacità e una dinamicità di azione e di proposta. Si può essere più radicali e critici, in situazioni come queste.
Sei persino deresponsabilizzato dal rischio della gestione, potresti fare solo proposte. Eppure, niente di tutto questo. Un po’ perché è una regione così: adagiata sui suoi rituali. Neanche chi governa, dopo tutto, lo fa. Ma ha il vantaggio di non averne bisogno: ha già il potere, che è il più efficace dei collanti. Non ha nemmeno bisogno di un programma: basta la narrazione, ridotta a slogan, incarnata in una persona. Nel caso del Veneto: «più autonomia». Come, per fare cosa, con quale personale adeguatamente preparato allo scopo, non ce n’è traccia. Come per un’antica pubblicità: basta la parola. Che poi il prodotto finale sia davvero più efficace, settore per settore, problema per problema, non viene neanche approfondito: lo si dà per scontato. Sarebbe precisamente compito dell’opposizione fare questa analisi critica, ed eventualmente fare le sue proposte realizzative, o le sue controproposte. L’ha fatto? No.
Se uno dovesse chiedere quale idea di Veneto, e quali proposte per i prossimi dieci anni, in alternativa a quelle di Zaia e della Lega, ha il Partito Democratico, che risposta potrebbe trovare? Ma vale anche per la sinistra di Liberi e Uguali, se esiste ancora, e per il Movimento 5 Stelle. I soli che ce l’hanno sono, paradossalmente, gli autonomisti radicali. La cui proposta è «ancora più autonomia» (o magari indipendenza). Come, nel concreto, per fare cosa, con quale classe dirigente e preparazione, resta naturalmente ancora più vago.
Il Pd tuttavia è l’attore storicamente principale, almeno per ora, dell’opposizione. È giusto pretendere di più, e criticare più severamente. Nell’ultimo quinquennio (ma potremmo dire nell’ultimo quindicennio – l’era Zaia, per capirci): quale idea del Veneto che voleva ha dato il Pd? Nessuna. Perché non l’ha preparata. Perché non ha mai fatto un bilancio di quanto fatto e (soprattutto) di quanto non fatto. Perché non ha cresciuto una classe dirigente, ma ha solo riprodotto e reiterato (e lottizzato) quella esistente. È significativo il dibattito (anzi, la vuotezza del dibattito) delle ultime settimane. Nessuna discussione su progetto e programma, e magari utilità della propria funzione: solo sul leader. E si è finito, come sempre, per scegliere un papa straniero, un esterno: oggi il vicesindaco di Padova Lorenzoni, in passato Bortolussi, prima ancora Carraro (e in fondo anche la leader del Pd della scorsa campagna elettorale regionale, Moretti, era stata paracadutata dall’alto). Peraltro, obtorto collo, con grandi divisioni interne, nessuna vera convinzione, e quindi un probabile scarso coinvolgimento. Solo perché si sa – ed è la peggiore delle accuse – che nessun interno ha alcun appeal all’esterno, per cui meglio affidarsi ad altri (anche perché le motivazioni a favore del leader interno sono la certificazione di una fragilità, e l’anticamera di una sconfitta: perché se no si perdono dei posti in consiglio regionale, e quindi ci saranno meno spoglie da dividere, perché così ci si può ricandidare per un terzo mandato, o semplicemente perché si vuole dire che si ha un’identità, che non si vede in altro modo). Per fare cosa? Per quale Veneto? Se ne parlerà, forse, un’altra volta…