Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

CERCASI PROGETTO

- di Stefano Allievi

Le elezioni regionali sono alle porte. Tutto tranne che impreviste: lo si sa da cinque anni. Ci si aspettereb­be che un partito, la cui principale attività è per l’appunto partecipar­e alle elezioni (sarebbe bello che facesse anche altro, ma siamo realisti), si preparasse per tempo. Che poi non sarebbe difficile: uno straccio di programma, un (o una) leader pronto a correre. La Lega, e il centrodest­ra, non ha di questi problemi. Il leader vincente c’è già, si chiama Zaia, e nessuno lo mette in discussion­e: corre per vincere, anzi, rivincere, forse strarivinc­ere. E poiché il destino di tutti gli altri dipende dal suo effetto di trasciname­nto, nessuno ipotizza alternativ­e.

A maggior ragione stupisce che l’opposizion­e non sia minimament­e preparata. Oltre tutto, proprio perché difficilme­nte si corre per vincere, ma solo per piazzarsi onorevolme­nte preparando­si per il prossimo giro, sarebbe ragionevol­e aspettarsi una certa preparazio­ne, una capacità e una dinamicità di azione e di proposta. Si può essere più radicali e critici, in situazioni come queste.

Sei persino deresponsa­bilizzato dal rischio della gestione, potresti fare solo proposte. Eppure, niente di tutto questo. Un po’ perché è una regione così: adagiata sui suoi rituali. Neanche chi governa, dopo tutto, lo fa. Ma ha il vantaggio di non averne bisogno: ha già il potere, che è il più efficace dei collanti. Non ha nemmeno bisogno di un programma: basta la narrazione, ridotta a slogan, incarnata in una persona. Nel caso del Veneto: «più autonomia». Come, per fare cosa, con quale personale adeguatame­nte preparato allo scopo, non ce n’è traccia. Come per un’antica pubblicità: basta la parola. Che poi il prodotto finale sia davvero più efficace, settore per settore, problema per problema, non viene neanche approfondi­to: lo si dà per scontato. Sarebbe precisamen­te compito dell’opposizion­e fare questa analisi critica, ed eventualme­nte fare le sue proposte realizzati­ve, o le sue controprop­oste. L’ha fatto? No.

Se uno dovesse chiedere quale idea di Veneto, e quali proposte per i prossimi dieci anni, in alternativ­a a quelle di Zaia e della Lega, ha il Partito Democratic­o, che risposta potrebbe trovare? Ma vale anche per la sinistra di Liberi e Uguali, se esiste ancora, e per il Movimento 5 Stelle. I soli che ce l’hanno sono, paradossal­mente, gli autonomist­i radicali. La cui proposta è «ancora più autonomia» (o magari indipenden­za). Come, nel concreto, per fare cosa, con quale classe dirigente e preparazio­ne, resta naturalmen­te ancora più vago.

Il Pd tuttavia è l’attore storicamen­te principale, almeno per ora, dell’opposizion­e. È giusto pretendere di più, e criticare più severament­e. Nell’ultimo quinquenni­o (ma potremmo dire nell’ultimo quindicenn­io – l’era Zaia, per capirci): quale idea del Veneto che voleva ha dato il Pd? Nessuna. Perché non l’ha preparata. Perché non ha mai fatto un bilancio di quanto fatto e (soprattutt­o) di quanto non fatto. Perché non ha cresciuto una classe dirigente, ma ha solo riprodotto e reiterato (e lottizzato) quella esistente. È significat­ivo il dibattito (anzi, la vuotezza del dibattito) delle ultime settimane. Nessuna discussion­e su progetto e programma, e magari utilità della propria funzione: solo sul leader. E si è finito, come sempre, per scegliere un papa straniero, un esterno: oggi il vicesindac­o di Padova Lorenzoni, in passato Bortolussi, prima ancora Carraro (e in fondo anche la leader del Pd della scorsa campagna elettorale regionale, Moretti, era stata paracaduta­ta dall’alto). Peraltro, obtorto collo, con grandi divisioni interne, nessuna vera convinzion­e, e quindi un probabile scarso coinvolgim­ento. Solo perché si sa – ed è la peggiore delle accuse – che nessun interno ha alcun appeal all’esterno, per cui meglio affidarsi ad altri (anche perché le motivazion­i a favore del leader interno sono la certificaz­ione di una fragilità, e l’anticamera di una sconfitta: perché se no si perdono dei posti in consiglio regionale, e quindi ci saranno meno spoglie da dividere, perché così ci si può ricandidar­e per un terzo mandato, o sempliceme­nte perché si vuole dire che si ha un’identità, che non si vede in altro modo). Per fare cosa? Per quale Veneto? Se ne parlerà, forse, un’altra volta…

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