Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Posti a rischio: gli impiegati diventano operai
ODERZO (TREVISO) Da impiegati a operai per salvare quaranta posti di lavoro. Avverrà alla Sole di Oderzo, azienda specializzata nella produzione di componenti per auto, dopo un referendum passato per un soffio (197 sì contro 190 no). La prima fase riguarderà 25 impiegati, che passeranno in catena di montaggio a parità di salario.
TREVISO (g.f.) Quattrocento e un votante su 549 aventi diritto. I sì sono stati 197, i no 190, con una differenza doppia rispetto alla somma di schede bianche e nulle. Per un soffio il referendum che si è svolto ieri alla Prima Sole Components di Oderzo, su un’ipotesi di accordo con l’azienda ha dato via libera al documento; ma la differenza fra i favorevoli e contrari è troppo esigua per non indurre i sindacati ad interrogarsi anche su questioni che superano l’oggetto del quesito stesso. Almeno, questa è la posizione della Fiom Cgil provinciale di Treviso, presente nel sito produttivo con due Rsu sulle nove totali, il cui segretario generale, Enrico Botter, non esita a parlare schiettamente di «fabbrica spaccata a metà».
Per comprendere l’evento è bene fare un passo indietro. Prima Sole, controllata dall’omonimo gruppo di Frosinone, nella sede trevigiana produce componenti per il settore auto ed ha fatto registrare una riduzione recente di circa 150 addetti. Nei fatti, non soo stati rinnovati i contratti ai «somministrati» e questo a causa, soprattutto, di una contrazione di mercato legata al comparto. A sommarsi al contesto negativo ci sarebbe però anche uno «sbilanciamento», nella base dei lavoratori, con un eccesso di addetti indiretti - amministrativi e personale dedicato ai controlli - rispetto agli operai in senso stretto. Circostanza che avrebbe indotto i vertici aziendali, il 6 febbraio, a presentare un piano di ristrutturazione con 40 esuberi nel primo segmento.
Prospettiva però respinta nella trattativa, portando alla soluzione alternativa del passaggio di 25 «indiretti» alle linee di produzione, su base volontaria, a parità di stipendio e con un incentivo di due mensilità, oltre alla rotazione in altre aree della produzione di ulteriori 20 lavoratori. «Abbiamo aderito alla proposta di referendum avanzata dai colleghi della Fim-Cisl, i cui rappresentanti interni sono in maggioranza – spiega Botter – ma probabilmente nessuno si aspettava che l’esito della consultazione giungesse così sul filo di lana. Naturalmente il documento è stato approvato ma il risultato dovrebbe indurci ad affrontare una discussione ampia che analizzi malesseri più diffusi di cui il tema affrontato dal referendum è solo parte marginale».
Forse sarebbe interessante comprendere, data l’equivalenza numerica fra diretti e indiretti, se il voto possa aver rispettato la ripartizione. Cioè se a votare contro siano stati soprattutto i secondi, pur sfidando il rischio, in caso di bocciatura, di aprire la strada alla procedura di riduzione del personale all’inizio prevista. «Può essere una lettura – prosegue Botter – ma credo che l’esito rifletta un malcontento generale, emerso in modo trasversale fra i reparti nell’assemblea. In altre occasioni abbiamo constatato come, nelle fabbriche, un referendum sia un canale di sfogo indipendentemente dall’argomento e che, in casi come questo, può avere radici nella gestione e organizzazione di fabbrica».