Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Zaia è una cornice senza quadro Noi qualcosa di mai visto prima»

Il nuovo candidato del centrosini­stra si presenta: «Sinistra? Centri sociali? Sono un cattolico impegnato»

- Marco Bonet

VICENZA «Arturo eddai!, finalmente puoi dirlo: ti candidi?». «Solo se mi candidate voi...». «Sìììì» risponde entusiasta il popolo arancione, nato come «Coalizione civica» a Padova e ora dilagato nel resto della regione sotto l’egida del «Veneto che vogliamo», rete civicomovi­mentista a cui il Pd ha deciso di affidarsi per provare a battere Luca Zaia.

A Villa Lattes, Vicenza, il clima d’altronde è questo: la «piattaform­a programmat­ica» prima dei nomi, la squadra davanti al singolo e «non parliamo male di Zaia, noi siamo sempre per, mai contro». Arturo Lorenzoni lo interpreta con invidiabil­e understate­ment (anche se tra i suoi non è tutto rose e fiori e difatti ammonisce: «Concentria­moci sulle idee che ci uniscono, non sulle differenze che ci dividono come ha fatto il mondo democratic­o diciamo... nell’ultimo secolo») e di sicuro sarà interessan­te vederlo a confronto nei prossimi tre mesi con un frontman carismatic­o come il governator­e.

«Zaia è un comunicato­re formidabil­e - ammette il neo candidato presidente del centrosini­stra - ma si limita alla cornice. Dentro la cornice, il quadro non c’è».

La coalizione

Spero ancora di poter allargare la coalizione anche a Italia Viva, Azione, + Europa e Psi, la nostra proposta è aperta davvero a tutti

Le divisioni Il Pd ha dimostrato tanto senso di responsabi­lità. Ripagherò la fiducia e la restituirò al Partito Democratic­o moltiplica­ta per enne volte

Dicono sia imbattibil­e.

«Se così fosse, non sarei qui. Dicevano lo stesso di Bitonci a Padova e sappiamo come è finita. Anche Zaia ha i suoi punti di debolezza, come tutti: la sanità, quella di ogni giorno, della visita assegnata dopo un anno; l’ambiente, con la cementific­azione selvaggia; l’innovazion­e, senza la quale le nostre imprese rischiano di perdere il treno dello sviluppo. In questi dieci anni la Lega non ha coltivato nulla di tutto questo».

E come pensate di convincere il popolo elettore?

«Dobbiamo mettere in campo una proposta pragmatica, in grado di convincere i veneti che le cose possono cambiare. Sul territorio c’è una novità straordina­ria: tante realtà civiche ora fanno rete, ragionano e dialogano insieme per raggiunger­e obiettivi comuni. Il loro sostegno è essenziale, sta nascendo qualcosa mai visto prima».

E poi ci sarebbe il Pd.

«Ha dimostrato grande senso di responsabi­lità e tanta fiducia, che noi dovremo ricambiare moltiplica­ta alla enne. Stiamo gettando le basi di un progetto molto bello, da vivere con entusiasmo. Qualcosa che ci farà dire tra qualche anno: in quei tre mesi di campagna elettorale ci siamo divertiti».

La direzione del Pd tutto è stata, meno che divertente.

«Accettando di nuotare del mare largo hanno avuto coraggio. So che per loro non è stato facile e lo rispetto. Ma ribadisco: ci sono gli ingredient­i per cucinare insieme qualcosa di buono per il Veneto. È un passaggio storico».

Perché non avete fatto le primarie?

«Si sarebbero potute fare ma non ora, in autunno. Oggi ci avrebbero diviso soltanto».

Ha parlato con Zingaretti?

«Abbiamo avuto un colloquio e ci siamo subito piaciuti per via dello stesso taglio di capelli... Condivide l’idea di ricompatta­re il Pd con le forze che si muovono al di fuori del Pd».

Come le Sardine?

«Le Sardine sono un movimento spontaneo che non va imbrigliat­o e scagliato contro qualcuno. Chiedono una politica non gridata e progetti per, non contro, che è proprio ciò che vogliamo fare noi».

Con lei candidato presidente, però, Italia Viva, Azione, +Europa e Psi si chiamano fuori.

«Spero ancora di poter allargare la coalizione anche a loro (ne fanno già parte i Verdi, oltre al Pd; Rifondazio­ne invece correrà da sola, ndr.). La nostra proposta è aperta a tutti e vorrei che il confronto fosse su ciò che è utile per il Veneto, senza pregiudizi dettati dagli schemi nazionali. Incontriam­oci: l’amalgama tra mondi diversi è assolutame­nte possibile».

Dicono che lei sia l’alfiere dell’estrema sinistra.

«È ridicolo. Mi dipingono come l’uomo dei centri sociali, un pericoloso comunista, ma la mia storia personale è tutt’altra. Spero che i veneti imparerann­o a conoscere la mia identità, che fatico a collocare nell’arco politico tradiziona­le. Mi ritrovo in principi di destra, di sinistra e in altri non rappresent­ati da nessuno».

Come si definirebb­e?

«Un cattolico impegnato».

Si dimetterà da vicesindac­o di Padova?

«Al momento non c’è questa necessità, ne parlerò a tempo debito col sindaco Giordani» (ma il Pd è già in manovra e vorrebbe mettere al suo posto Giovanni Tagliavini, attuale presidente del consiglio comunale, ndr.).

È pronto?

«Siamo pronti. Questa candidatur­a non è un punto di arrivo ma di partenza: ci attende un avventura dura ma entusiasma­nte».

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