Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Zaia è una cornice senza quadro Noi qualcosa di mai visto prima»
Il nuovo candidato del centrosinistra si presenta: «Sinistra? Centri sociali? Sono un cattolico impegnato»
VICENZA «Arturo eddai!, finalmente puoi dirlo: ti candidi?». «Solo se mi candidate voi...». «Sìììì» risponde entusiasta il popolo arancione, nato come «Coalizione civica» a Padova e ora dilagato nel resto della regione sotto l’egida del «Veneto che vogliamo», rete civicomovimentista a cui il Pd ha deciso di affidarsi per provare a battere Luca Zaia.
A Villa Lattes, Vicenza, il clima d’altronde è questo: la «piattaforma programmatica» prima dei nomi, la squadra davanti al singolo e «non parliamo male di Zaia, noi siamo sempre per, mai contro». Arturo Lorenzoni lo interpreta con invidiabile understatement (anche se tra i suoi non è tutto rose e fiori e difatti ammonisce: «Concentriamoci sulle idee che ci uniscono, non sulle differenze che ci dividono come ha fatto il mondo democratico diciamo... nell’ultimo secolo») e di sicuro sarà interessante vederlo a confronto nei prossimi tre mesi con un frontman carismatico come il governatore.
«Zaia è un comunicatore formidabile - ammette il neo candidato presidente del centrosinistra - ma si limita alla cornice. Dentro la cornice, il quadro non c’è».
La coalizione
Spero ancora di poter allargare la coalizione anche a Italia Viva, Azione, + Europa e Psi, la nostra proposta è aperta davvero a tutti
Le divisioni Il Pd ha dimostrato tanto senso di responsabilità. Ripagherò la fiducia e la restituirò al Partito Democratico moltiplicata per enne volte
Dicono sia imbattibile.
«Se così fosse, non sarei qui. Dicevano lo stesso di Bitonci a Padova e sappiamo come è finita. Anche Zaia ha i suoi punti di debolezza, come tutti: la sanità, quella di ogni giorno, della visita assegnata dopo un anno; l’ambiente, con la cementificazione selvaggia; l’innovazione, senza la quale le nostre imprese rischiano di perdere il treno dello sviluppo. In questi dieci anni la Lega non ha coltivato nulla di tutto questo».
E come pensate di convincere il popolo elettore?
«Dobbiamo mettere in campo una proposta pragmatica, in grado di convincere i veneti che le cose possono cambiare. Sul territorio c’è una novità straordinaria: tante realtà civiche ora fanno rete, ragionano e dialogano insieme per raggiungere obiettivi comuni. Il loro sostegno è essenziale, sta nascendo qualcosa mai visto prima».
E poi ci sarebbe il Pd.
«Ha dimostrato grande senso di responsabilità e tanta fiducia, che noi dovremo ricambiare moltiplicata alla enne. Stiamo gettando le basi di un progetto molto bello, da vivere con entusiasmo. Qualcosa che ci farà dire tra qualche anno: in quei tre mesi di campagna elettorale ci siamo divertiti».
La direzione del Pd tutto è stata, meno che divertente.
«Accettando di nuotare del mare largo hanno avuto coraggio. So che per loro non è stato facile e lo rispetto. Ma ribadisco: ci sono gli ingredienti per cucinare insieme qualcosa di buono per il Veneto. È un passaggio storico».
Perché non avete fatto le primarie?
«Si sarebbero potute fare ma non ora, in autunno. Oggi ci avrebbero diviso soltanto».
Ha parlato con Zingaretti?
«Abbiamo avuto un colloquio e ci siamo subito piaciuti per via dello stesso taglio di capelli... Condivide l’idea di ricompattare il Pd con le forze che si muovono al di fuori del Pd».
Come le Sardine?
«Le Sardine sono un movimento spontaneo che non va imbrigliato e scagliato contro qualcuno. Chiedono una politica non gridata e progetti per, non contro, che è proprio ciò che vogliamo fare noi».
Con lei candidato presidente, però, Italia Viva, Azione, +Europa e Psi si chiamano fuori.
«Spero ancora di poter allargare la coalizione anche a loro (ne fanno già parte i Verdi, oltre al Pd; Rifondazione invece correrà da sola, ndr.). La nostra proposta è aperta a tutti e vorrei che il confronto fosse su ciò che è utile per il Veneto, senza pregiudizi dettati dagli schemi nazionali. Incontriamoci: l’amalgama tra mondi diversi è assolutamente possibile».
Dicono che lei sia l’alfiere dell’estrema sinistra.
«È ridicolo. Mi dipingono come l’uomo dei centri sociali, un pericoloso comunista, ma la mia storia personale è tutt’altra. Spero che i veneti impareranno a conoscere la mia identità, che fatico a collocare nell’arco politico tradizionale. Mi ritrovo in principi di destra, di sinistra e in altri non rappresentati da nessuno».
Come si definirebbe?
«Un cattolico impegnato».
Si dimetterà da vicesindaco di Padova?
«Al momento non c’è questa necessità, ne parlerò a tempo debito col sindaco Giordani» (ma il Pd è già in manovra e vorrebbe mettere al suo posto Giovanni Tagliavini, attuale presidente del consiglio comunale, ndr.).
È pronto?
«Siamo pronti. Questa candidatura non è un punto di arrivo ma di partenza: ci attende un avventura dura ma entusiasmante».