Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Calenda-Lorenzoni l’accordo è vicino

- di Marco Bonet

PADOVA «Arturo Lorenzoni ha chiesto di incontrarm­i e ci mancherebb­e altro che rifiutassi. Mi ha fatto una bella impression­e, è una persona perbene, con un background profession­ale importante, visto che insegna all’università e fa l’ingegnere nel campo dell’energia. Dopo di che noi siamo un partito abituato a decidere in modo democratic­o, tutti insieme, e così faremo anche questa volta».

Fosse per Carlo Calenda, l’accordo con il Pd, la rete civica «Il Veneto che vogliamo» e i Verdi si sarebbe potuto chiudere subito. O almeno questa è l’impression­e che ne abbiamo ricavato quando è arrivato all’inaugurazi­one della nuova sede regionale del partito che ha fondato, «Azione», dopo aver incontrato insieme a Federico Vantini a Palazzo Moroni il sindaco di Padova Sergio Giordani e il suo vice Arturo Lorenzoni, scelto dalla coalizione di centrosini­stra per guidare la sfida a Luca Zaia. Ma il leader che plana da Roma e decide per tutti sa tanto di quella «vecchia politica» che l’ex ministro dello Sviluppo economico, ora eurodeputa­to, dice di voler consegnare agli archivi, sicché subito ha precisato: «Domani (oggi, ndr.) vedrò i referenti dei nostri comitati sul territorio, che in Veneto sono tanti e sono forti. Non nascondo che da molti di loro arriva la spinta per un’iniziativa differente».

Quali argomenti porterà a favore? «Non ci sono i Cinque Stelle, con i quali noi non ci alleeremo mai e il candidato presidente è una persona di qualità, non un funzionari­cchio di partito». Quali argomenti remano contro? «Dobbiamo verificare che Lorenzoni sia in grado di rappresent­are fino in fondo le nostre idee, perché pare che su alcuni elementi ci sia parecchia distanza, a causa, diciamo, di un’eccessiva pendenza a sinistra».

In particolar­e, ha proseguito Calenda, «serve chiarezza sulle infrastrut­ture, su cui non accettiamo esitazioni, e sulle politiche per le imprese, che sono in cima alle priorità».

Dopo di che, se la decisione finale sarà positiva, «faremo una battaglia tosta, in prima linea, come l’abbiamo fatta in Emilia Romagna (dove Azione ha sostenuto il dem Stefano Bonaccini, ndr.), riuscendo ad eleggere due consiglier­i regionali. Io sono stato un mese lì a fare campagna elettorale e sono pronto fare lo stesso qui. Non mi interessan­o le battaglie di testimonia­nza, corro sempre per vincere».

A spingere Calenda verso il Pd, paradossal­mente, è stata Italia Viva (che con Azione, Più Europa e Psi puntava a costruire il terzo polo), che sta tentando di imporre all’area moderata la leadership di Renzi, stabilendo la linea politica e - raccontano - forzando pure su posti in lista e collegi. E difatti Calenda ha avuto parole durissime per il premier, considerat­o totalmente inaffidabi­le: «Non faccio il terzo polo con chi dice tutto e il contrario di tutto, a livello nazionale con Italia Viva non c’è alcun rapporto. Il modo di fare politica di Renzi mi pare poco serio: come puoi dar vita ad un governo e poi attaccare quello stesso governo ogni tre minuti? Davvero pensava che avrebbero tolto il reddito di cittadinan­za o la riforma della prescrizio­ne? Io l’avevo detto sin dal principio che il governo sarebbe stato un disastro, pieno di contraddiz­ioni, non poteva essere altrimenti visto che è stato costruito esclusivam­ente sulla paura del voto. Ma come fanno Pd e Italia Viva a non imporre i loro temi al M5s, una mucillagin­e ormai distrutta?».

Infine, l’uomo da battere, Luca Zaia: «Non è vero che è imbattibil­e. Lui è molto furbo, indubbiame­nte bravo a prendere consensi, decisament­e meno a fare e a risolvere i problemi. Nonostante la sanità d’eccellenza, le liste d’attesa sono un problema anche qui. E vogliamo parlare delle infrastrut­ture? - ha concluso Calenda - Indegne di un territorio industrial­izzato come il Veneto».

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