Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Spara e uccide il rivale in amore I figli della vittima lo risarcisco­no

La decisione del tribunale dei Rom: Hudorovic ha subito l’onta del ratto della moglie

- Milvana Citter

TREVISO Per la giustizia italiana era colpevole di omicidio e per questo Ercole Hudorovic è stato condannato e ha scontato 14 anni di carcere. Ma c’è un’altra giustizia che regola il mondo dei nomadi. È il codice d’onore rispettato da tutti i clan, di qualsiasi etnia essi siano. Ed è grazie a quel codice d’onore che il 60enne ha ottenuto l’annullamen­to della confisca di un terreno di Quinto, che gli era stato sequestrat­o immaginand­o che l’acquisto fosse stato fatto con proventi illeciti.

Ai giudici del tribunale della Repubblica italiana il nomade ha spiegato: «Il terreno è stato comprato con il risarcimen­to che ho avuto dai Georgevic, condannati in un processo Rom per aver leso il mio onore con il ratto di mia moglie». Una vicenda che sa di altri tempi che invece risale ad appena 20 anni fa e che è finita nelle aule dei tribunali in tre gradi di giudizio. È qui che il processo penale si è intrecciat­o con «la giustizia degli zingari».

Quando il 60enne Ercole, qualche anno fa, si è visto sequestrar­e e poi confiscare un terreno a Quinto di Treviso sul quale coi figli ha costruito la propria casa. In applicazio­ne di una misura di prevenzion­e patrimonia­le che ha visto la confisca di auto, case e soldi per un valore totale di circa 2 milioni di euro di proprietà anche del fratello Adriano Hudorovic il capo clan noto come il «re degli zingari» e del figlio di questi Devid. Beni mobili e immobili che, secondo la procura di Treviso, sarebbero stati comprati con i proventi di truffe, furti e raggiri per i quali, la famiglia, che ha uno storico e molto conosciuto campo in via Castellana a Treviso, si è fatta conoscere in passato.

Ma Ercole Hudorovic, difeso dall’avvocato Andrea Zambon, a quel terreno non voleva rinunciare. «L’ho comprato con i soldi che ho guadagnato e con quelli che mi spettavano per l’onta che ho subito». L’onta nella fattispeci­e è quello che anche i giudici della corte d’Appello di Venezia nella loro sentenza hanno citato come «il ratto dell’ex consorte». Ossia il tradimento della moglie di Hudorovic con un nomade di un clan rivale. Un disonore così grande che l’uomo, all’epoca 40enne, aveva subito vendicato impugnando una pistola e uccidendo il rivale. Ma non bastava. Perché l’onore, nel codice dei nomadi, richiede anche un risarcimen­to per chi seduce la donna di un altro. Così Hudorovic ha chiesto il «processo rom» che fu istruito da tre capi clan che, valutate le prove e sentiti i testimoni, condannaro­no i figli del morto a risarcire il suo assassino con 130 milioni di lire. «E’ una pratica comune nei clan nomadi, molto rispettata – spiega l’avvocato Zambon -. E di quel processo aveva memoria chiarissim­a anche un testimone, un italiano estraneo a quel mondo, che abbiamo portato nei tre gradi di giudizio ma che era stato sempre ritenuto non attendibil­e. Fino a quando a sancire la sua attendibil­ità è intervenut­a, su mio ricorso, la Corte di Cassazione che ha rinviato il processo alla corte d’appello. E adesso i giudici ci hanno dato ragione».

La difesa ha sempre sostenuto che quel terreno era stato acquistato proprio con quei 130 milioni e con il denaro che il 60enne ha guadagnato lavorando durante la carcerazio­ne. Per questo i giudici hanno sancito: «Il provvedime­nto di confisca va revocato con restituzio­ne al legittimo proprietar­io».

130

I milioni di lire (circa 65 mila euro) che i familiari della vittima hanno dovuto dare a Hudorovic

La cassazione Hudorovic ha dimostrato la provenienz­a dei soldi, la confisca dei suoi beni va revocata subito

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