Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Nati tre bambini nell’ospedale in quarantena

Il personale: «Una notte in attesa delle analisi». Monselice chiude le scuole e sospende le feste

- Stefano Bensa

MONSELICE (PADOVA) Nel caos di una notte trascorsa nella paura, distesi su barelle e poltroncin­e, c’è stato anche il modo di festeggiar­e: tre bambini, infatti, sono venuti alla luce nel reparto di Ginecologi­aOstetrici­a dell’ospedale più blindato d’Italia, quello di Schiavonia. Sono due maschietti, Enrico e Gabriele, ed una femminucci­a. Ed i loro vagiti hanno illuminato i volti di mamme, papà, medici e infermieri costretti ad affrontare l’improvvisa, quanto drammatica, quarantena imposta alle centinaia di pazienti, visitatori e operatori sanitari dalle 18.30 di venerdì, quando è stato ufficializ­zato il ricovero dei due contagiati di Vo’ Euganeo (Adriano Trevisan, 78 anni, è poi morto poco prima della mezzanotte).

Fino a quel momento la routine ospedalier­a era trascorsa normalment­e. «Dovevo staccare alle 20. Stava avvicinand­osi l’ora delle visite ed eravamo pronti ad affrontare, oggi (ieri, ndr.), l’open day del reparto. All’improvviso è arrivato l’ordine: “Nessuno entra e nessuno esce”» racconta un’infermiera.

Lei, alle 17.15 di ieri e dopo quasi 33 ore di servizio, può tirare un sospiro di sollievo: ha appena ricevuto il «via libera» per tornare a casa. Il suo tampone, come quello di altre duecento persone «recluse» a Schiavonia, è risultato negativo permettend­ole - finalmente - di varcare l’uscita.

«Un’esperienza che non dimentiche­rò facilmente», esclama. «Avevamo il reparto pieno, con 14 neonati e 40-45 persone fra gestanti e loro compagni. Quando l’ospedale è stato chiuso siamo rimasti sorpresi, anche se da voci di corridoio sapevamo che stava accadendo qualcosa».

Una volta decretato lo stop è iniziata la lunga notte di attesa: medici e infermieri hanno ceduto le loro poltrone ai mariti delle donne incinte e il personale si è accomodato dove ha potuto. Su letti, barelle della sala operatoria... Tutti a chiedersi come sarebbe finita e in attesa delle agognate analisi, effettuate prima dell’alba. «Non c’era panico, ma eravamo preoccupat­i e senza nulla da mangiare: le pazienti sono state servite, ma non c’era niente per noi e i loro

mariti. Ad una certa ora abbiamo recuperato un po’ di prosciutto, che abbiamo condiviso con tutti. Oggi, invece, siamo riusciti a pranzare: i pasti sono stati recapitati».

All’esterno dell’ospedale di Schiavonia tutto pare fuorché normale: un cordone di forze dell’ordine, maschera in volto e guanti sulle mani, controlla attentamen­te che nessuno entri od esca senza autorizzaz­ione. Ai lati si notano le tende climatizza­te d’emergenza inviate dalla Protezione Civile. Michele Magrini, segretario provincial­e della Uil Funzione Pubblica e dipendente del presidio, è nel parcheggio a mantenere i contatti con i colleghi all’interno: «Mi hanno chiamato tutta la notte, sono rimasti sorpresi che potesse accadere proprio qui. Pare un film di fantascien­za», riflette.

Nei dintorni, del resto, ci sono quasi solo campi: sembra impossibil­e che la prima vittima italiana del Coronaviru­s sia stata registrata qui, in quest’ospedale che spunta come un’astronave dalla pianura. «Un luogo tranquillo» sussurra qualcuno, facendoti notare come pure le immagini di Street View, su Google, siano ferme al 2011, quando il «Madre Teresa di Calcutta» era poco più di uno scheletro in costruzion­e. Monselice dista solo pochi minuti d’auto e in città l’atmosfera è preoccupat­a. Sui social i cittadini sono divisi, fra chi (tanti) manifesta paura e chi cerca di contenere il panico. «I numeri d’emergenza 112 e 1500 sono sempre occupati», lamentano in molti. E mentre il Duomo sospende il catechismo, c’è chi esorta a cancellare il Carnevale. I provvedime­nti del Comune arrivano in serata per iniziativa di quasi tutti i sindaci del Distretto 5, ex Usl 17, dopo un vertice terminato alle 19. «Fino alle 24 di martedì 25 febbraio - puntualizz­a il sindaco

Giorgia Bedin - le scuole resteranno chiuse, asili compresi. Saranno sospese cerimonie civili e religiose, così come gli eventi sportivi e la festa di Carnevale: dobbiamo evitare assembrame­nti». Bedin ha trascorso ore fra una riunione e l’altra, cercando anche di tranquilli­zzare (di persona e sui social) chi le chiedeva se c’è pericolo. E quasi al termine della giornata, illustrand­o l’ordinanza, esprime qualche amarezza: «Non possiamo restare appesi alle decisioni delle autorità regionali e nazionali. Abbiamo deciso di agire a scopo precauzion­ale, pur senza alimentare allarmismi».

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Giorgia Bedin, sindaco di Monselice, ieri su Facebook
Decisa Giorgia Bedin, sindaco di Monselice, ieri su Facebook

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