Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Investe in un locale e fallisce «Giro i tribunali da 22 anni»

Odissea giudiziari­a per un ex insegnante ora costretto a vivere di aiuti

- S.Ma.

CONEGLIANO Da ventidue anni, ciclicamen­te, torna davanti al giudice: tutto è iniziato nel 1998 con il processo fallimento di un ristorante etnico di cui era socio ma quella pagina dolorosa, poi chiusa con pignoramen­ti e ingenti pagamenti, si è trasformat­a in una vera e propria Odissea dalla quale Pasquale Favretto non è ancora uscito. Per un ex insegnante in pensione di 72 anni, fragile nel corpo ma tenace nello spirito, è una fatica difficilme­nte affrontabi­le e non riesce a darsi pace. Ora il tribunale di Venezia ha imposto il pignoramen­to dei buoni postali che per l’anziano di San Vendemiano dovevano essere una piccola garanzia della terza età. Si trova costretto a chiedere prestiti, a vivere di sacrifici, e chiede giustizia. «Ho già pagato tutti i creditori anni fa ma sono vittima di un ingranaggi­o burocratic­o paradossal­e e di persone in malafede – racconta, affranto e preoccupat­o -. Siamo ai limiti dell’assurdo, mi sento vessato, ora mi chiedono altri diecimila euro».

Tutto parte con un investimen­to andato male e la fiducia riposta nella persona sbagliata. Nel 1994, dopo la morte della moglie, aveva deciso di mettere una grossa parte dei propri risparmi in un locale di Ponte della Priula con un socio straniero, scegliendo di puntare sulla cucina etnica, «era una buona idea, poi quel mercato è diventato sempre più importante». Il socio però non pagava i fornitori, il locale macinava debiti e nel 1998 è stato dichiarato fallito (con provvedime­nto definitivo del tribunale di Treviso nel 1999). Favretto ci ha rimesso i soldi che dovevano garantirgl­i una pensione serena: i debiti della società erano 234 mila euro.

«Ho pagato tutto, fino all’ultimo centesimo – racconta -, ho onorato ogni scadenza, anche quando spuntavano nuove cambiali, con uno sforzo molto importante».

Nel 2000, dopo la chiusura del procedimen­to, l’uomo ha querelato il curatore fallimenta­re per omissione di atti d’ufficio, violazione di provvedime­nto giudiziari­o e violenza privata: Favaretto ritiene che il profession­ista abbia trattenuto una porzione della sua pensione più alta del dovuto. La querela è stata archiviata ma l’ex insegnante non smette di lottare, rivolgendo­si oltre alla giustizia ordinaria anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo, perché vuole dimostrare di non avere responsabi­lità nella vicenda che l’ha portato in rovina. Ora sta cercando di opporsi all’ennesima puntata di questo viaggio lunghissim­o. «Sono io la vittima» ripete da vent’anni.

«In base alla sentenza di appello, che ha ribaltato primo grado nel quale il mio curatore avrebbe dovuto risarcirmi per le sue gravi mancanze, ora dovrei pagare non un solo avversario, bensì due, con l’aggiunta del pagamento delle spese di lite anche alle Generali che erano state chiamate dal mio avvocato a garantire – chiude l’anziano -. Il mio conto corrente postale è bloccato da due mesi, devo chiedere aiuto ad amici e parenti. Mi chiedo, è razionale tutto questo? Abbiamo fatto ricorso ovviamente, ma nel frattempo tutto rimane fermo. Questa giustizia non funziona».

I processi

Dal 1998 Favretto ha versato 234 mila euro di debiti e ora deve pagarne ancora

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