Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Ho chiesto aiuti a Conte»
Zaia e le scelte difficili: «Nelle mie mani la salute dei veneti. Il mio grazie alla grande macchina della sanità»
Il governatore Zaia: «È come essere in guerra. Ho chiesto a Conte e al governo uno sforzo straordinario per sostenere il Veneto».
Presidente Luca Zaia, qual è lo stato d’animo che l’accompagna in questa emergenza coronavirus?
«Guardi, è come un traversata in mare: parti e non sai mai cosa ti può succedere».
E sì che lei è avvezzo alle emergenze...
«Sì, ha ragione. Ho cominciato con l’alluvione del 2010, poi il terremoto, poi ancora la tempesta Vaia e l’acqua alta a Venezia del novembre scorso. Ma mai, e sottolineo mai, avrei pensato di dover affrontare un’emergenza sanitaria».
Quante ore dorme la notte?
«Tre, massimo quattro. Ma con il telefonino sempre acceso, pronto a dialogare anche con chi sta dall’altra parte del mondo. È un’esperienza pesante, mi sento fisicamente e psicologicamente responsabile della salute dei veneti. E farò di tutto per evitare che i veneti si ammalino».
Il nemico è il virus... Come se lo immagina?
«È un nemico perfido, invisibile, che si insinua, vigliacco. Lui ha bisogno di noi per entraci nel corpo, noi dobbiamo impedirglielo».
Abbiamo decretato guerra al coronavirus, presidente?
«Sì. E adesso inizia il corpo a corpo. Appena saputo dei due pazienti di Vo’ Euganeo mi sono tolto i vestiti e ho indossato la mimetica».
La prima mossa?
«Mi hanno guardato strano, ma quando sono andato a Padova il primo giorno dell’allarme ho chiesto che si facesse subito una tendopoli fuori dall’ospedale di Schiavonia. Dobbiamo essere pronti al peggio. Il virus non è letale, ma se prende un anziano debilitato e con gravi situazioni pregresse... abbiamo visto che guai ne combina».
Su cosa sente di poter contare, presidente Zaia?
«Sulla nostra sanità, una macchina che funziona con 54 mila dipendenti ai quali rivolgo il mio grazie. Mettono a repentaglio le loro vite per la causa comune e questo aspetto va sottolineato».
Qualcuno ha obiettato che la prima vittima italiana del coronavirus, il povero Adriano Trevisan, è stato diversi giorni ricoverato a Schiavonia senza che il virus sia stato individuato...
«Chissà quante volte quel virus è passato indenne. Ha gli stessi sintomi dell’influenza e noi seguiamo i protocolli dell’Organizzazione mondiale della sanità e del governo. Va ricordato che il soggetto che proviene da una zona infetta può essere asintomatico e non avere febbre. Il primo caso non aveva motivo di essere catalogato come coronavirus, vista la situazione particolarmente grave. Bravo è stato il medico che ha deciso di sottoporlo al test».
I virus vanno cercati...
«Certo, io li ho studiati all’Università e parlo con cognizione di causa. Se li cerchi li trovi, se non li cerchi i virus non li trovi mai».
Lei però aveva detto che sarebbero servite misure straordinarie prima che scoppiassero i focolai in Lombardia e Veneto... Non crede che l’Italia abbia perso tempo?
«A me non interessano le polemiche. Ho fatto quella proposta e penso di averla argomentata bene, al punto che scienziati come Burioni e altri si sono schierati dalla mia parte. Del resto, l’abc , in queste situazioni, è l’isolamento».
Le hanno dato del razzista...
«Lo so, e questo mi ha fatto male. Io chiedevo limitazioni per chi viene dalle zone infette, non in base al colore della pelle o del credo religioso. Purtroppo ora si ragiona così».
In compenso adesso sono i veneti a non essere graditi nel resto d’Italia perché ritenuti portatori di coronavirus...
«Chi fa queste ordinanze non capisce che è come andare a caccia di elefanti con le cerbottane. Il virus non lo fermi con queste iniziative».
Lei è il soggetto attuatore, il commissario in pratica, di questa nuova emergenza: cosa ha pensato quando ha redatto l’ordinanza restrittiva di domenica?
«Partendo dal presupposto che 5 milioni di veneti a casa non si possono lasciare, ho cercato di mutuare i principi dell’isolamento che avevo chiesto prima che scoppiassero i focolai».
L’aspetto primario cos’è?
«La salute dei veneti. Viene prima di tutto. Altri, al mio posto, avrebbero magari pensato al consenso, visto che tra poco ci sono le elezioni. Ma a me non interessa questo aspetto. La salute è importante e qui non c’è bisogno di chi si limita a pettinare le bambole. Qui si devono prendere decisioni e io l’ho fatto».
Lei sa, presidente Zaia, che aver assunto quelle decisioni pone l’economia veneta in una situazione di grande ambasce?
«Ne sono assolutamente consapevole. E proprio ieri, in una call conference con il premier Conte e i ministri Speranza e Di Maio, ho chiesto al presidente del consiglio interventi straordinari per tutto il nostro comparto economico , a partire dal turismo per il quale - in seguito - sarà necessaria una campagna pubblicitaria ad hoc. Mi auguro che presto, molto presto, ci sia un decreto del governo in grado di soddisfare questa mia richiesta».
Intanto gli scaffali dei supermercati vengono svuotati: come interpreta questa cosa?
«Vado controcorrente e le dico che per me è un bel segnale di civiltà».
In che senso?
«Nel senso che i veneti hanno preso in considerazione anche l’ipotesi di chiudersi in casa per l’isolamento fiduciario, qualora fosse necessario».
E per quel che riguarda gli eventi sportivi, corrisponde al vero la possibilità che le finali di Coppa del Mondo, in programma a Cortina a metà marzo, possano essere annullate?
«Spero proprio di no».
Un’ultima domanda: che slogan sceglie per comunicare ai veneti il modo migliore per vivere questa situazione d’emergenza?
«È un’infezione virale, ma io mi sento di dire: “No panic”, niente panico».
Veneto martoriato, ho chiesto a Conte uno sforzo finanziario per tutto il comparto economico e il turismo A rischio le finali di Coppa del mondo a Cortina? Spero proprio di no