Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Noi in galera e senza soldi»
Vo’, nel paese isolato: tra chi teme di perdere il lavoro e chi si rassegna. «Si può solo aspettare»
«Qui è come vivere in galera». «Il lavoro è fermo, rischiamo di stare sulla strada?». Vo’, la piazza social dei reclusi.
Si esce solo per fare scorta di cibo e sottoporsi ai test Il farmacista sceglie la quarantena per non lasciare soli gli abitanti (che intanto si sfogano su Facebook)
VO’ (PADOVA) Fuori, restano le vigne di Merlot e le stradine interrotte dai parà della Folgore e dalle auto di carabinieri e polizia. Dentro - in quell’enorme catino in cui nulla può essere travasato - ci sono invece le case contadine e le villette coccolate dai colli euganei, le palazzine eleganti del centro, il municipio, la banca e la locanda che si affaccia su piazza Liberazione. Più in là, il campetto da calcio, la cantina sociale, la cartoleria, la parrucchiera. Tutto, o quasi, sbarrato. Una città fantasma dove anche gli abitanti, se possono, restano tappati in casa.
Dalle 8 di ieri, quando le forze dell’ordine hanno montato le transenne sulle dieci vie d’accesso, Vo’ è ufficialmente off limits. Qualcuno l’ha paragonato a un maxi-lazzaretto, di quelli che un tempo servivano a rinchiuderci gli appestati. Ma qui è diverso: su quasi 3.500 abitanti, sono poco più di due dozzine quelli risultati positivi al coronavirus, compreso il povero Adriano Trevisan, che ci ha rimesso la vita. A tutti gli altri, non resta che contare i giorni che dividono dalla fine dalla quarantena forzata. Quattordici giorni, dicono, anche se la certezza non c’è e tutto dipenderà da come si evolve il focolaio.
Nel frattempo si vive nella paura di scoprirsi malati. Nel paese dove uno starnuto scatena i pensieri più cupi, sono iniziati gli esami medici che coinvolgeranno l’intera popolazione: 250 i tamponi fatti ieri. I test proseguiranno nei prossimi giorni, in una costante processione all’interno dell’asilo comunale trasformato nel quartier generale del maxiscreening. Solo alla fine si saprà quanti sono realmente i contagi a Vo’: gli asintomatici dovranno restare in isolamento a casa, per chi presenta i primi sintomi potrebbe scattare il ricovero.
Si azzarda un passo fuori dalla porta, il tempo di una sigaretta. Qualcuno si affaccia alla finestra perché, a volte, una boccata d’aria è l’unico modo per non impazzire.
Ma per il resto, si esce solo se costretti. I supermercati, infatti, sono tra i pochi esercizi «di pubblica utilità» autorizzati a rimanere aperti, e anche ieri la psicosi ha spinto più di qualcuno a svuotare gli scaffali, comprando grosse quantità di cibo e acqua, nel timore - ingiustificato - che le scorte possano esaurirsi.
Se le commesse si proteggono con guanti e mascherina, nella farmacia del centro i clienti vengono tenuti a due metri di distanza. A gestirla è Luca Martini, il figlio del sindaco. «Ho 29 anni e abito a Vicenza». Tradotto: ieri avrebbe potuto rimanersene tranquillamente a casa, evitando la quarantena. Invece alle 6.30, poco prima che la polizia bloccasse gli accessi, è entrato in paese per alzare la saracinesca. «Sapevo che, una volta a Vo’, non avrei più potuto uscire, ma ho pensato fosse un mio dovere quello di offrire alle persone la possibilità di acquistare i medicinali di cui hanno bisogno», spiega. La farmacia, com’era prevedibile, è stata presa d’assalto. E anche gli ambulatori dei medici di famiglia sono rimasti aperti grazie ai tre volontari di Padova che hanno sostituito i colleghi in quarantena.
Con negozi e studi professionali chiusi, e il divieto di uscire, lavorare è impossibile. Si discute anche di questo, nell’unica piazza di Vo’ davvero affollata: quella virtuale dei social network. Laura L. è la titolare di una pizzeria e ieri, su Facebook, denunciava i danni economici che sta subendo: «Con un’attività come la mia, si hanno spe
se fisse che continuano a correre: fornitori, mutuo, debiti vari, bollette... Sono migliaia e migliaia di euro. Ai proprietari di un locale, questi soldi chi li restituisce?». La ristoratrice è furiosa: «La mia casa confina con il comune di Teolo. Però io sono in isolamento e loro si muovono liberamente...».
Non è l’unica a preoccuparsi. Tanti lavoratori autonomi temono di non riuscire a risollevarsi. «Mi sembra di vivere in un film - rincara Valter Z. - siamo come in galera ma io sono fermo con il lavoro. Chi mi paga?». Ludovica R. è sconfortata: «Stessa situazione. Siamo in due a non portare a casa nulla e l’affitto potrebbe saltare già da questo mese. Non mi interessa arricchirmi, però non voglio finire in mezzo a una strada».
Al quarto giorno dalla notizia che un focolaio di coronavirus è stato individuato proprio nel loro paese, aumenta l’insofferenza. Qualcuno prova a mantenere i nervi saldi. «Bisogna portare pazienza - scrive Maristella C. - tutti stiamo affrontando dei disagi: sia i lavoratori, sia gli imprenditori, sia i commercianti. Dobbiamo solo stare alle regole e sperare che la situazione si risolva al più presto». Ma intanto, domani è un altro giorno da vivere dentro il paese fantasma.