Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
A spasso con un medico: come comportarsi in città
A passeggio con un medico di base nel centro di Vicenza. La guida del dottor Valente: dai bar agli autobus, ecco come comportarsi
Epidemia, come sfangarla. Le istruzioni sulla nostra vita ai tempi del coronavirus giungono «dal campo», ovvero la normale quotidianità di un paio di «vasche» nel centro di una città di provincia come Vicenza, compiute alle 19 assieme a Michele Valente, 70 anni, presidente dell’Ordine provinciale dei medici. Oltre che dalla carica istituzionale, l’autorità per esprimersi sul virus gli giunge dalla professione di medico di base, tuttora esercitata part-time in un ambulatorio di Dueville.
«Se guardo ai dati attuali e a come in ipotesi si svilupperanno – esordisce il dottor Valente – l’evoluzione naturale del coronavirus porta in direzione della pandemia, ovvero di un’epidemia diffusa a macchia di leopardo sulla faccia della Terra». Imboccando contra’ Cavour in direzione di piazza dei Signori, il tablet conferma in tempo reale le sue parole, riportando notizie di casi appena segnalati da Germania, Francia, Spagna, Brasile. «Ma di sicuro, qui in occidente, possediamo tutte le risorse necessarie per limitare al massimo i danni del coronavirus sulla salute delle nostre comunità», aggiunge.
«L’importante è abituarsi a convivere con questa realtà, magari a lungo, perché nessuno oggi può vaticinare con certezza per quanto tempo sarà in attività un virus totalmente sconosciuto», continua il medico, soffermando l’attenzione sui gruppi di persone seduti ai tavolini della Meneghina, ottocentesca pasticceria convertitasi al «salato». «Ecco, quest’immagine mi richiama alla mente quanto abbiamo appreso da Milano, dove hanno potuto riaprire per primi i bar dotati di servizio al tavolo – commenta Valente -. Ciò perché, una volta seduti, gli avventori restano a distanza, e si evita quindi la forma di aggregazione oggi più sconsigliata, l’ormai famigerato assembramento, che invece può facilitare il contagio tramite contatti molto ravvicinati. È lo stesso motivo per cui ritengo che cinema e teatri potrebbero riaprire prima di stadi e palasport che favoriscono code e contatti gomito a gomito prolungati».
In piazza dei Signori c’è chi, avendo riconosciuto il dottore, gli chiede se come disinfettante è obbligatorio ricorrere all’amuchina, prodotto ormai introvabile. «No, l’importante è adottare prodotti a base di alcol» risponde Valente che, una volta entrato al bar «Al 25», apprende del mercato cittadino svoltosi, come ogni giovedì, sotto la Basilica Palladiana. «È una notizia su cui riflettere – osserva – perché, nel rispetto delle ordinanze regionali, il Comune ha dovuto nello stesso tempo chiudere la mostra su Oppi e i pittori del ‘900 lassù, in basilica. Se guardiamo agli assembramenti, trovo sia il caso di chiedersi che differenza c’è fra i passanti che convergono davanti a una bancarella e gli appassionati d’arte riuniti davanti a un quadro».
Il quesito resta nell’aria mentre il barista Fabrizio Cappelletti fornisce i personali aggiornamenti sulla nostra vita ai tempi del coronavirus. «Mi ha colpito l’avventore che, appena entrato qui dentro si è tolto la mascherina – racconta – come se si trattasse di un berretto o di un paio di guanti... D’altra parte, continuano a chiedermi bicchieri di plastica made in China perché non si fidano di quelli di vetro appena usciti dal lavaggio bollente. Segno che tanti sono davvero disorientati».
«Lo so, li incontro ogni giorno anch’io in ambulatorio – replica Valente – ma trovo sia inevitabile, visto il bombardamento mediatico a cui sono sottoposti. Di sicuro, quest’emergenza ha riabilitato la figura del medico di base nell’opinione pubblica. Dopo anni in cui lo si è ridotto a compilatore di ricette, ha riacquistato di colpo la sua autorevolezza di professionista in grado di fare chiarezza e fornire i consigli giusti. D’altra parte, credo che gli otto medici contagiati a causa del loro spirito di servizio abbiano aperto gli occhi a tanti, magari anche a qualche no-vax improvvisamente interessato a sapere quando arriverà un vaccino per il coronavirus...».
La battuta svolazza nei refoli della sera mentre la passeggiata riprende in direzione duomo, e poi piazza Castello. Pezzo di strada circondato da vetrine chiuse e marciapiedi vuoti, dove il presidente dei medici vicentini si defila per rispondere al telefono. «Chiamano spesso anche i colleghi – spiega – perché sono alle prese con qualcosa di assolutamente inedito. D’altra parte, se uno fa l’otorinolaringoiatra, e quindi lavora a distanza di centimetri da bocca e naso del paziente, ha ogni diritto di informarsi, no?». Arriva un autobus semivuoto alla fermata di piazza Castello: «Quando verrà fissata la riapertura della scuole sarà importante dotare gli studenti pendolari di mezzi grandi, magari più frequenti del solito, perché il trasporto pubblico è notoriamente soggetto ad assembramenti».