Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Truffa in Veneto Banca, Lembo non poteva decidere»
Round di interrogatori davanti al pm: tocca a Consoli
TREVISO «Non avevo le competenze per prendere quel tipo di decisioni. Non c’entro nulla con le accuse». Si è difeso così Massimo Lembo dall’accusa di aver fatto parte della squadra che sarebbe stata organizzata da Vincenzo Consoli e che, ingannando dipendenti, consiglieri d’amministrazione e organi di vigilanza, avrebbe truffato i clienti vendendo loro «a condizioni inique» azioni e obbligazioni della banca.
Insieme agli altri dirigenti Mosé Fagiani, Renato Merlo, Stefano Bertolo e Cataldo Picarreta, il 67enne manager, responsabile della direzione centrale Compliance (la struttura che in sostanza doveva verificare la correttezza delle procedure e il rispetto delle leggi), deve rispondere della pesantissima accusa di associazione a delinquere finalizzata a una truffa da 107 milioni di euro, a danno di oltre 2200 vittime. Per questo l’altro ieri, assistito dall’avvocato Piero Barolo, si è fatto interrogare dai sostituti procuratori Massimo De Bortoli e Gabriella Cama titolari delle inchieste sul default dell’ex popolare di Montebelluna.
Un interrogatorio fiume, di quasi cinque ore, nelle quali: «Abbiamo avuto modo si spiegare tutto e soprattutto di consentire ai magistrati – spiega l’avvocato Barolo -, di comprendere come ogni contestazione sia estranea alle funzioni del dottor Lembo». L’ex responsabile, è accusato in concorso con gli altri indagati, di aver architettato la truffa seguendo le indicazioni di Consoli che per la procura era il «dominus» indiscusso della banca e dell’associazione. «In qualità di responsabile della direzione centrale Compliance e disattendendo deliberatamente alla sua funzione di controllo circa la correttezza delle procedure e del rispetto delle norme, acriticamente avallava tutte le scelte assunte dai complici» si legge nel capo d’imputazione che continua: «Essendo consapevole grazie alla posizione apicale rivestita, che Veneto Banca si trovava in una situazione patrimoniale e finanziaria assai critica, come rilevato da Bankitalia a seguito delle ispezioni, e che il valore delle azioni non era aderente all’effettiva redditività, allo scopo di commettere un numero indeterminato di delitti di truffa».
Un castello accusatorio respinto nel lungo interrogatorio: «Abbiamo chiarito ogni cosa – continua Barolo -. È stato un colloquio molto franco, su un’accusa che è, diciamolo pure, stravolgente da quanto è pesante. La nostra preoccupazione era quella, di fronte a un mare di documenti d’indagine, di non riuscire a dimostrare la totale estraneità del dottor Lembo e il fatto che non aveva un ruolo decisionale tale da consentirgli di agire a quel livello». L’interrogatorio di Lembo fa parte del round in cui gli indagati hanno chiesto di essere sentiti. A breve a comparire davanti ai magistrati, assistito dall’avvocato Ermenegildo Costabile, sarà l’ex ad Vincenzo Consoli.