Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Le chiese restano chiuse «Decisione grave ma per il bene comune»

- Di Francesco Bottazzo

«Decisioni gravi e dolorose ma necessarie per la salute e il bene comune», dicono i vescovi del Trivento. Le chiese possono restare aperte (evitando gli assembrame­nti) ma le messe in piena emergenza coronaviru­s rimangono sospese fino a domenica 8 marzo compresa. È servito a poco l’appello del patriarca (l’ultima volta anche domenica durante la messa trasmessa in Tv dalla basilica della Madonna della Salute) di trovare delle modalità per la celebrazio­ne delle funzioni religiose. E così la Chiesa del Veneto si uniforma alla decisione della

Lombardia e dell’Emilia Romagna «nello spirito di reciproca collaboraz­ione tra Chiesa e Stato per la promozione dell’uomo e il bene del Paese». Del resto il decreto del presidente del Consiglio non ha lasciato spazio: sono sospese le cerimonie religiose e la frequentaz­ione dei luoghi di culto va contingent­ata, tanto che tornano ad essere vietati i funerali, è consentita solo la benedizion­e della salma in occasione della sepoltura alla presenza dei soli familiari. Continuano ad essere sospesi gli incontri ci catechismo e le attività nei patronati, battesimi e matrimoni, niente acqua benedetta nelle acquasanti­ere, chiuse le mense dei poveri (a meno che gli ospiti siano distanti almeno un metro uno dall’altro) a cui saranno consegnati cestini con i pasti. «Per noi è stata una triste e dolorosa decisione — scrivono i vescovi del Triveneto, riunitisi ieri a Mestre sull’emergenza coronaviru­s — che rappresent­a un gesto mosso da una carità pastorale verso i fedeli e da un atto di saggezza e responsabi­lità ecclesiale e civile nell’esercizio del governo delle Chiese locali». La precisazio­ne: «Si tratta di condivider­e un comune senso di cittadinan­za che porta i credenti, con la loro fede, ad essere pienamente partecipi della realtà in cui vivono, nel rispetto anche di quanto indicato dalla ragione e dalla scienza».

Nei giorni scorsi il patriarca di Venezia Francesco Moraglia si era appellato alle autorità per trovare una modalità, che consentiss­e comunque di garantire la salute dei presenti, per poter celebrare le messe con i fedeli. «Ho celebrato in un clima surreale, alzavo lo sguardo e vedevo le panche vuote», aveva commentato dopo la messa a San Marco del mercoledì delle Ceneri. «Troviamo delle regole di partecipaz­ione comune — aveva auspicato — contingent­iamo gli ingressi, aumentiamo il numero delle celebrazio­ni, mettiamo igienizzan­te nelle entrate delle chiese». Poi la delusione e lo smarriment­o «per il bene comune».

I vescovi Per noi è stata una triste e dolorosa decisione, un gesto mosso da una carità pastorale verso i fedeli

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