Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
I dubbi (e l’ira) dei gestori «Locali trevigiani piccoli per il “metro di distanza”»
TREVISO Fatturati in drastica flessione in esercizi pubblici e strutture ricettive ma anche difficoltà nell’interpretare la regola del metro di distanza (il «droplet») fra i clienti. Fino alle teorie di noti industriali su complotti internazionali e sulla sostanziale inesistenza del Coronavirus e all’impiego obbligatorio o facoltativo delle mascherine in una stessa azienda a seconda della collocazione geografica, sopra o sotto il Po, degli impianti di produzione.
Le cronache economiche trevigiane nel primo giorno della seconda settimana dal contagio in Veneto confermano il mix fra preoccupazione e disorientamento che ha connotato i giorni precedenti, con la sola differenza che i timori si sono trasformati in numeri nero su bianco. Federalberghi, attraverso il presidente provinciale, Giovanni Cher, quantifica in migliaia i posti di lavoro a rischio nelle 160 strutture ricettive e 1.800 attività dell’extralberghiero della Marca. Le disdette delle prenotazioni arrivano da ogni segmento, dal turismo di piacere a quello d’affari fino alle trasferte di studio scolastiche.
Dania Sartorato, presidente Fipe, si chiede intanto come possa essere rispettata una corretta separazione prudenziale fra i clienti dei bar «considerando anche l’esiguità delle metrature dei locali nei nostri centri storici. Sarà difficile - riconosce - normare con il droplet riti sociali, quali lo spritz e il caffè al banco». Senza contare un altro elemento: «Metteremo una punto una segnaletica specifica, ma per l’ennesima volta - esclama Sartorato - diventiamo controllori di un processo che regola la salute pubblica ed i nostri gestori dimostreranno di saperlo gestire con etica e responsabilità. L’obiettivo è quello di aspettare la ripresa e di non fermare la vita nelle città e nei centri urbani».
Dal commercio all’industria con il diverso grado di utilità che Electrolux Italia attribuisce alla mascherina distribuita ieri a tutti gli operai delle linee di produzione. Nella sede di Susegana è «consigliata», mentre a Forlì la mattinata è iniziata con l’uso obbligato. Salvo ripensamenti successivi con cui il comportamento è stato omogeneizzato lasciando l’obbligo solo per chi assista persone malate.