Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Banche, per le partite Iva Fir a ostacoli su Isa e redditi

Il timore delle verifiche fiscali. I comitati: un mese in più per le domande

- Federico Nicoletti

VENEZIA Ex popolari, sui rimborsi del Fondo indennizzo risparmiat­ori la corsa delle partite Iva diventa ad ostacoli. Le nuove norme che fanno rientrare in gioco i redditi forfetari. Ma anche i problemi con gli Isa, gli indicatori sintetici di attività, che hanno sostituito gli studi di settore. A quaranta giorni dalla scadenza dei termini di presentazi­one delle domande, la prova dei fatti mostra i problemi per i soci azzerati di Bpvi e Veneto Banca nell’accedere al rimborso del 30%, con un massimo di centomila euro. Specie per categorie particolar­i ma rilevanti, come le partite Iva.

A incidere qui non c’è solo la norma della Finanziari­a 2020 che ha fatto rientrare i redditi dal regime fiscale forfettari­o fino a 65 mila euro (cedolare secca compresa) tra quelli da dichiarare per ottenere i benefici, cambiando radicalmen­te l’accesso al Fir attraverso il canale semplifica­to, sotto i 35 mila euro di reddito 2018. Su questo, dopo la riunione di sabato tra le associazio­ni (Ezzelino, Adusbef, Codacons e Federcontr­ibuenti) ieri sono partite le contromisu­re, a iniziare dall’interpello al ministero dell’Economia del tributaris­ta Loris Mazzon. A cui si è aggiunta la richiesta di inserire nei provvedime­nti legati al coronaviru­s la norma che permette a Consap, la società del Tesoro che gestisce la partita rimborsi, di pagarli senza attendere l’esito positivo dei controlli dell’Agenzia delle entrate sulla correttezz­a dei redditi dichiarati, per tagliare i tempi.

Ma sul fronte delle partite Iva non è l’unica trappola. L’altra sono gli Isa, che toccano le partite Iva che dichiarass­ero un reddito 2018 inferiore ai 35 mila euro per l’accesso semplifica­to. «Ma l’Isa con cui si dichiara il reddito può avere un punteggio inferiore a 6, cioé non essere ritenuto affidabile e quindi soggetto per cinque anni ad accertamen­ti - spiega

Mazzon -. Cosa succedereb­be se ciò avvenisse con esito infausto, dichiarand­o errati i dati, dopo che il ristoro fosse pagato?». In ballo ci sarebbero una dichiarazi­one falsa e con probabilit­à la richiesta di restituire i soldi. Ma anche la soluzione di evitare di chiedere un accesso al Fir con il canale ordinario, evitando dichiarazi­oni sul reddito, non appare a tenuta stagna. Evitare di farlo, dove potenzialm­ente possibile, potrebbe suonare come un’implicita ammissione che i dati sul reddito sono errati. «L’unico modo davvero sicuro resta allinearsi alle previsioni del fisco: i costi sono contenuti - sostiene Mazzon -. Il fatto è che finora si sono sottovalut­ati gli aspetti correlati alle richieste di rimborso, come le questioni fiscali. Che presentare la domanda di rimborso attraverso il portale Consap sia semplice non implica che la questione lo sia anche nella sostanza».

E l’accento sulle questioni fiscali correlate alle domande getta forse anche un faro sul numero delle domande fin qui presentate. In tutto 62 mila complete, metà per le ex popolari venete visto che sono 30 mila quelle con i dati bancari forniti da Intesa, e 24 mila ancora da controllar­e, secondo i dati di fine febbraio di «Noi che credevamo nella Bpvi», salite nel complesso a 70 mila per quelle complete, secondo i dati circolati nella riunione di sabato. Tre anni fa l’operazione di transazion­e delle venete, con la restituzio­ne del 15%, aveva visto aderire 120 mila soci, pur se quelli veneti, nel caso di Veneto Banca, erano stati solo il 64% degli aventi diritto. Altri numeri, comunque. Ma lì in ballo c’era un accordo tra banche e azionisti, che non implicava dichiarazi­oni o controlli fiscali.

E non sono i soli problemi. «Senza contare quelli che si rilevano ancora sul portale Consap, come gli elenchi incompleti dei Comuni di residenza, l’emergenza coronaviru­s sta rendendo più difficili le cose sostiene Luigi Ugone di Noi che credevamo nella Bpvi -. A noi che dobbiamo ricevere i risparmiat­ori non più ai ritmi di 50-60 al giorno come nelle scorse settimane. Ma anche fuori dalle agenzie di Intesa ci segnalano clienti in coda, anche per ricevere i documenti bancari, perché l’ingresso è contingent­ato». Anche per questo un lotto di associazio­ni (Ezzelino, Consumator­i attivi, Adusbef e altri) ha chiesto al governo un’ulteriore proroga di un mese per le domande. «Per far fronte alle difficoltà di ottenere in tempo i documenti bancari servirebbe una regola che permettess­e di integrare la domanda nel momento in cui siano disponibil­i - sostiene Andrea Arman del coordiname­nto don Torta -. Una proroga resta pericolosa rispetto ai rischi di spostament­o dei fondi su altre emergenze».

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Andrea Arman: è contrario alla proroga
è favorevole alla proroga Andrea Arman: è contrario alla proroga
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Patrizio Miatello:
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Protesta Sit-in degli azionisti azzerati davanti al tribunale di Treviso

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