Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il metro di distanza nei locali «Difficile». Zaia: «Un dovere»
Il decreto che regola la vita sociale nei luoghi pubblici lascia perplesse categorie e imprenditori Restano chiusi cinema e teatri: «Un salasso»
«Non abbiamo la più pallida idea di come fare». La confessione, candida, è del pluripremiato pizzaiolo gourmet Simone Padoan della pizzeria Ai Tigli di San Bonifacio, nel Veronese. Oggetto di tanto smarrimento è il criterio droplet, vale a dire quei 100 cm previsti dal decreto di Palazzo Chigi per tenere i cittadini alla distanza di sicurezza di un metro anche in bar e ristoranti fino a domenica. È la distanza coperta da una micro gocciolina di saliva per arrivare da un soggetto a un altro. Il day after del più volte rivisto decreto divide il Veneto. E fra le «vittime illustri» ci sono cinema e teatri che restano chiusi del tutto. «Il calcolo per i cinema veneti è di un milione di euro persi la scorsa settimana - spiega Marco Sartore, segretario di Anec - e quindi ci aspettiamo una perdita analoga fino a domenica. Noi eravamo pronti, si parlava di una poltrona vendibile e una no con il metodo delle file sfalsate ma, tant’è». Non va meglio per i teatri. Arteven fa sapere che in due settimane di chiusura si perderanno 250 mila euro di incassi con 28 spettacoli cancellati la prima e altri 47 fino a domenica.
Per cercare una nota positiva tocca rivolgersi ai musei che oggi (chiusure settimanali permettendo) hanno riaperto i battenti. All’insegna del droplet. A Padova riaprono Cappella degli Scrovegni, Museo degli Eremitani e Palazzo della Ragione». A Venezia torna pian piano alla normalità il polo museale e, spiega il direttore Daniele Ferrara con idee già precise sugli accessi: «Al piano nobile di Palazzo Grimani non più di 120 persone». Del resto gli ampi saloni del Grimani aiutano nell’impresa di applicare il droplet, diverso il discorso per le gallerie dell’Accademia: massimo 30 persone negli spazi più ariosi, visitatori col contagocce nelle stanze più piccine. «Riapriamo con una bella notizia domani (oggi ndr) - spiega il direttore Giulio Manieri Elia - del ritorno della Nuda di Giorgione dopo 10 anni al Grimani facendo dell’Accademia il museo con più Giorgione al mondo». Ma c’è anche chi decide di posticipare un vernissage come la Fondazione Cini che rinvia al 26 aprile la mostra «Venezia e lo Studio Glass Americano». Vicenza riapre la Basilica palladiana (massimo 25 persone per gruppo e massimo 3 ruppi per volta). Stessi criteri per Teatro Olimpico e chiesa di Santa Corona. Il Comune di Verona precisa che all’ingresso di ogni museo c’è la «soluzione idroalcolica igienizzante» e che il droplet sarà applicato per bene: Castelvecchio è stato contingentato a 100 persone, la casa di Giulietta a 20. E poi, ancora, sì agli allenamenti sportivi ma solo a porte chiuse, sì a palestre e luoghi per l’attività sportiva ma, in teoria, sempre col principio del droplet.
Se nei musei e nelle palestre (?) il droplet pare applicabile, è per ristoranti e bar che la norma crea più difficoltà. «Difficile... - spiega Maurizio Franceschi, Confesercenti Veneto
- penso sia utile contare sulla consapevolezza delle persone». Sulla stessa linea Patrizio Bertin, Confcommercio: «Per carità, prima la salute ma è difficile sia da controllare che da applicare. Chi glielo dice al barista che deve distanziare i clienti al banco?». Ecco, appunto, chi? Secondo il Dpcm il controllo viene coordinato dalla prefettura attraverso le forze dell’ordine su ordine del prefetto ma Vittorio Zappalorto, prefetto di Ve
Non abbiamo la più pallida idea di come il droplet si possa applicare
Alle Gallerie dell’Accade mia già fissati i numeri di visitatori per ogni sala
La norma va calata nella realtà con ragione volezza ma è già stato limitato l’uso dell’etilometro
nezia, fa sapere che la linea è quella di intervenire nei casi più eclatanti. Berardino Cordone, del sindacato di polizia Coisp, fa presente che di uomini non ce ne sono e che chi ha scritto il testo forse non ha pensato che sarebbe la polizia locale il soggetto deputato ai controlli. Fabio Ballestriero, responsabile veneto del Sap, aggiunge: «Si deve usare la ragionevolezza e buona parte dei cittadini ha già capito che vanno evitati gli assembramenti. Più delicata, invece, la nostra situazione: per ora non siamo stati toccati dal virus ma se dovesse capitare sarebbe un problema serio. Si è già deciso, ad esempio, di limitato l’uso dell’etilometro».
Sul tema droplet, termine pressocché sconosciuto e diventato la parola del giorno, interviene il governatore Luca Zaia: «Farà sorridere il criterio droplet ma mi lasci fare una premessa: il virus ha una bassa letalità ma anche un’alta contagiosità, si parla di un rapporto uno a cinque. Anche un ragazzo giovane che pensa di rischiare al massimo una febbre può diventare veicolo di contagio per un nonno, per una persona immunodepressa o un bambino nella stessa condizione. Qui c’è una dimensione sociale del tema. Siamo chiamati a un atto di assoluta civiltà, rispetto e solidarietà nei confronti dei soggetti a rischio. Certo è un 5% ma parliamo di donne, uomini, bambini e anziani che rischiano complicazioni gravi. Per capirci, se queste fasce deboli si ammalano finiscono intubati in terapia intensiva. Qui sono tutti i cittadini che rispettando le norme, inclusa la distanza droplet, contribuiscono a difendere la parte più fragile della comunità». E sul testo, campo di battaglia per oltre 24 ore fra Venezia e Roma, Zaia spiega: «Siamo davanti a un provvedimento emanato dal governo, un decreto che ha avuto la validazione del comitato scientifico: dall’Istituto superiore di sanità in giù. Come governatori avevamo chiesto la riapertura di cinema e teatri, ad esempio, ma in questa fase è corretto evitare guerre tra poveri, istituzioni contro istituzioni. Ovvio che il Dpcm così applicato non è perequativo, è evidente. Il tema, però, è quello in premessa, la responsabilità di una comunità. Mi rifiuto di pensare che per l’applicazione del droplet serva il controllo delle forze dell’ordine. Perché funzioni bisogna che ci sia un alto senso di civiltà e comunità. Se la si vive come legge da aggirare non andiamo da nessuna parte. Questo è un lavoro di comunità, siamo tutti coinvolti. Ho sempre difeso le riaperture ma ora serve un sacrificio, mutuando De Gasperi, penso alla salute dei veneti, non alle elezioni. Il mio è uno standing istituzionale e così deve essere».
Confesercenti Criterio di difficile applicazione, meglio puntare sulla consapevolezza
Confcommercio Prima la salute, certo, ma chi glielo spiega al barista che deve distanziare i clienti?