Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il virus bussa in tribunale E il giudice di pace chiude
Impiegata ricoverata in rianimazione, dubbi e perplessità degli avvocati
TREVISO La notizia comincia a circolare di prima mattina, quando gli avvocati trovano la porta sbarrata della sezione dei giudici di pace, in piazza delle Istituzioni. Una dipendente dell’ufficio risulta ricoverata in terapia intensiva per un’infezione polmonare provocata dal Coronavirus. E dieci dei suoi colleghi sono a casa in quarantena, fortunatamente tutti senza sintomi.
Per questo nel tardo pomeriggio di martedì quando la notizia è arrivata, il coordinatore dei giudici di pace Francesco Sartorio ha disposto la chiusura cautelativa, apponendo sulla porta un cartello che recita: «In attesa di accertamenti e per evitare contagi anche in considerazione della ristrettezza dei locali l’ufficio rimane chiuso». Chiusura che, visto che la quasi totalità dell’organico è in quarantena fino a venerdì 13 marzo, sembra destinata a protrarsi.
Subito tra gli avvocati e gli impiegati che quotidianamente frequentano gli uffici giudiziari si è scatenato il pandemonio. Messaggi inviati sulle chat per informare tutti che «il Coronavirus è arrivato anche ai giudici di pace» ma soprattutto per chiedersi: «E quindi ora? Come si fa con le udienze civili e penali?». Il problema le toghe trevigiane se lo erano già posto nei giorni scorsi, quando le notizie sull’aumento dei contagi e soprattutto sulle misure di precauzione adottate come le chiusure di scuole e cinema non avevano riguardato il palazzo di giustizia. L’attività forense, prevede infatti che le udienze si svolgano in aule spesso affollate o negli studi degli stessi giudici dove difficilmente è possibile rispettare il «droplet», la distanza di un metro tra le persone per evitare il contagio. Tanto che il consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Treviso, di fronte all’assenza di decisioni da parte del ministero della giustizia e della dirigenza del tribunale, martedì pomeriggio ha emesso una circolare firmata dal presidente Massimo Sonego, con la quale si annunciava la sospensione dell’attività forense fino al 14 marzo. Un’astensione che rischiava però di non essere legittima, tanto che nello spazio di un paio d’ore è arrivato il dietrofront, con una seconda circolare che annunciava l’annullamento della sospensione. Ieri la notizia del caso di Coronavirus ai giudici di pace ha alimentato ulteriormente la tensione tra gli avvocati. Anche perché, in altri tribunali come a Rovigo e Belluno si è già decisa la sospensione di tutte le udienze civili e penali. A Treviso, invece, lo si deciderà probabilmente oggi anche se di fatto a livello nazionale gli avvocati hanno disposto uno sciopero dal 6 al 20 marzo rendendo legittima l’astensione dei legali dalle udienze. Fino a ieri si erano ritenuti sufficienti i provvedimenti adottati sulla scorta dell’ordinanza ministeriale. Che, agli occhi di chi il palazzo di giustizia lo frequenta per lavoro ogni giorno erano apparsi quanto meno singolari (come si vede dalle foto). Un esempio? Nei corridoi campeggiano sedie e scrivanie, poste a sbarramento delle porte dei vari uffici di cancellerie penali e civili. Il motivo? Impedire l’accesso agli utenti all’ufficio e quindi mantenere le distanze di sicurezza. Perché è vero che, su porte e stipiti ci sono i cartelli che intimano di non entrare nelle stanze, ma una barriera fisica è comunque più efficace. Qualche dipendente del tribunale si muove tra uffici e sportelli con mascherina e
Il giudice di pace Anche in considerazione della ristrettezza dei locali, per evitare contagi l’ufficio rimane chiuso
Il tribunale Cerchiamo una soluzione concordata che tenga conto in via primaria della tutela della salute
guanti. Qualcun altro alza la sciarpa sul volto ogni qualvolta incrocia qualcuno e deve scambiare due parole. Come ad esempio chiedere ai giornalisti «che hanno subito tutti i dati» l’aggiornamento su contagiati e quarantene.
Una preoccupazione palese che, da ieri, è diventata vera e propria paura con la notizia dell’impiegata contagiata. L’ufficio del giudice di pace si trova in un altro edificio. Ma la donna frequenta per lavoro anche il palazzo di giustizia. E ora i colleghi si chiedono, se non sarebbe il caso per loro, di essere sottoposti al tampone. Il tutto mentre, al piano terra, nelle aule penali, le udienze si svolgono regolarmente senza troppa attenzione al «droplet». Almeno fino ad oggi, quando si capirà se, in attesa che l’epidemia si plachi, anche a Treviso le udienze saranno sospese.