Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Tribunali chiusi udienze saltate
VENEZIA Uffici chiusi e uffici aperti, ognun per conto suo. La giustizia veneta è nel caos di fronte al coronavirus. Rovigo per obbligo (ad esso afferisce Vo’ Euganeo, centro del ben noto primo focolaio), ma anche Belluno e, da ieri, Padova sono «chiusi»: fino al 31 marzo si svolgeranno solo le udienze urgenti, per esempio quelle di convalida o le direttissime degli arresti, oppure i processi con detenuti a rischio scarcerazione. Gli altri tribunali veneti, da Venezia a Treviso, da Verona a Vicenza, ma anche la Corte d’appello, cercano di andare avanti regolarmente, pur con prescrizioni. Per esempio l’ingresso in aula solo di chi è interessato al processo, con tutti gli altri avvocati fuori (che però ha creato malumori, perché così i tanto temuti «assembramenti» si spostano in corridoio), oppure il rinvio di quelle con troppe persone, in cui non si possa garantire un’adeguata distanza (per esempio il processo ai vertici della Banca Popolare di Vicenza, ieri rinviato). A Verona il presidente della Sezione Penale Sandro Sperandio ha disposto che le udienze filtro (quelle più affollate) fino al 31 marzo siano differite dal magistrato d’udienza con un solo difensore che sostituisca tutti gli altri. A Vicenza già si era consentito l’accesso alle cancellerie solo su prenotazione e alcuni processi erano stati spostati nel pomeriggio per «diluire» di più le presenze. Anche se poi molti rinvii sono stati causati dall’assenza di tanti testimoni, che hanno paura a spostarsi.
Da oggi però a incrementare i rinvii sarà l’astensione degli avvocati, dopo che l’Organismo congressuale forense ha deciso lo stop fino al 20 marzo a livello nazionale. Un modo per protestare contro l’assenza di decisioni sui tribunali da parte del governo, che però potrebbe ritornare sui suoi passi. Ieri 14 presidenti di tribunale, molti veneti, hanno scritto al ministro Alfonso Bonafede chiedendo una «sospensione dei termini processuali per un periodo prudentemente congruo»: una sorta di periodo feriale, dedicato solo alle udienze urgenti. E anche il Csm ha invitato il ministro a decidere. Anche perché la linea di chi non ha ancora chiuso, per esempio il presidente del tribunale di Venezia Salvatore Laganà, è che senza un provvedimento centrale questo sia impossibile. Nel frattempo il direttivo della Camera penale di Venezia ha inviato ieri una lettera in cui esprime «imbarazzo e disagio» per la gestione dell’emergenza, con decisioni che «violano i diritti di difesa ma anche l’uguaglianza secondo l’articolo 3 della Costituzione». (a. zo.)