Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Franca e la scuola «Come nel ‘44»
Il 7 aprile del 1944 Gianfranca Libralesso - per tutti, Franca - era una studentessa di quasi 14 anni che come ogni giorno arrivava a scuola a Treviso da Peseggia pedalando in bici fino a Mogliano e poi in filovia. Frequentava la terza media. Alla fine del primo quadrimestre sulla sua pagella svettava un bel «buono». E fu con quel giudizio che fu promossa quell’anno, anche senza tornare più a scuola. Perché dopo il 7 aprile del ‘44, con la città distrutta quasi del tutto, nessuno andò più a scuola e gli studenti furono promossi con i voti conquistati nel primo quadrimestre. Con buona pace delle discussioni di oggi sull’opportunità del «sei politico» o sulla validità o meno dell’anno scolastico 2019-’20 ferito dall’emergenza coronavirus.
«Col bombardamento anche le scuole erano state abbattute - racconta Franca, due figli, quattro nipoti, tra le prime laureate donne di Ca’ Foscari, ex insegnante di Lettere al «Canova» e al «Riccati» - e chi aveva voti sufficienti fu promosso senza dover fare né esami né altro. Fecero gli esami solo a chi era insufficiente. E non andammo più a scuola, nemmeno l’anno dopo. Perché di scuole a Treviso non ce n’erano più e solo i Salesiani erano rimasti in piedi. Ma lì potevano andarci solo i maschi». Dunque per Franca, molto più che per i bambini di oggi, si spalancò un lunghissimo periodo di inattività, riempito nella casa di Peseggia con lunghe sessioni di gioco all’aperto e pochissimi compiti. Un periodo che a vederlo con la lente dell’oggi sembra spaventoso, ma che all’epoca fu vissuto da quella ragazzina senza troppi patemi: «Ero poco più che una bambina - racconta ancora -.
Abitavamo in una grande casa soprannominata il Palazzo: si viveva quella realtà senza darle un peso eccessivo, ero lontana dalle preoccupazioni degli adulti e non mi dispiaceva affatto essere a casa da scuola. Giocavamo... e poi ogni tanto passava lo zio, Antonio, maestro, che ci dava qualcosa da fare». Certo non si poneva per i genitori, che dovevano gestire una famiglia in tempo di guerra, il tema dei compiti e del programma che rimaneva al palo. Come tutte le nonne, anche Franca in questi giorni ha visto transitare per casa i nipoti orfani della scuola. E l’occhio dell’ex prof è decisamente disincantato rispetto all’isteria che circola nelle chat dei genitori: «Mi pare tutta un’esagerazione - dice -. Mi sembra un approccio superficiale: forse si poteva fare qualcosa di diverso per garantire la salute di tutti, invece di togliere la scuola ai ragazzi, che poi, a casa, che fanno?».