Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Quella Grande Bellezza che il temibile morbo non riesce ad offuscare

- di Renato Piva

Esiste un

VO’ EUGANEO (PADOVA) luogo del Veneto che, potendo, oggi nessuno o quasi scegliereb­be di visitare e men che meno di abitare? Se esiste (con onestà, un sondaggio sul punto non l’abbiamo fatto) probabilme­nte quel luogo si chiama Vo’ Euganeo. Fino al 21 febbraio, due settimane fa, Vo’ si limitava a condivider­e col genovese Ne e il verbanese Re il record, tra i Comuni italiani, di brevità del nome, oltre a paesaggi collinari relativame­nte simili. Le due lettere dell’antico Vadum, ora, nell’immaginari­o collettivo sono state sostituite con due parole: zona rossa. Cancellati il profilo lucido del Venda, il parco degli Euganei, la terra scura e ferrosa; come fosse mai esistita la chiesetta di Maria

Assuntrice, dimenticat­e le sue ombre intime; dimenticat­a anche la chiesa dedicata a San Lorenzo, nella parte vecchia dell’abitato. I 3.304 vadensi non esistono più, e così le loro storie. Persone, famiglie, case, lavori, negozi, campi e vigneti: dal giorno della morte di Andriano Trevisan, prima vittima italiana da coronaviru­s, Vo’ è il paese del morbo e della paura che, partita dalla Cina, ora attanaglia le gambe d’Italia e d’Europa. A Vadum, nell’antichità stava per guado, non si entra e non si esce: tutti nella palude sanitaria della quarantena, almeno fino a domani...

È la verità della cronaca ma non è l’unica. L’altra racconta come Vo’, sempliceme­nte, altro non sia che uno spicchio di paradiso. «Non vado molto d’accordo con le parole», dice Susanna Magrin: «Le foto sono il mio modo di esprimermi». Impiego da infermiera in una casa di cura dell’area collinare, riempie i giorni del «riposo» che le hanno imposto con un racconto fatto di bellissime immagini. Fotografa il paese e pubblica, nella pagina social del solito «Se sei di…». L’obiettivo è una passione nata sei anni fa, qualche tempo dopo aver preso casa a Vo’, lei che è di Lozzo Atestino: «Volevo un posto dove poter stare vicino ai genitori e ho scelto questo…». Non un posto qualunque: «Verde, natura, animali: c’è tutto quel che serve per poter dire che siamo in un angolo di paradiso. Per me lo è soprattutt­o in questo periodo, in cui sembra che il tempo si dilati…». L’infermiera racconta un tempo sospeso, sensazione amplificat­a da questo strano inverno, quasi una primavera rattrappit­a nel calore e nel colore. Passeggia per le case e tra i campi, fermando attimi già lenti di per sé: «È un perdermi in ogni scatto per ritrovarmi. Ci sono stati dati confini che non sono nostri. È un modo per evadere…». Susanna Magrin ha perso da poco una persona cara. È successo qualche giorno prima che attorno a Vo’ si stringesse la cintura dell’isolamento sanitario: «Non era il momento per la quarantena, non è davvero il massimo ma gli amici mi stanno accanto e mi aiutano. Poi, per alleggerir­e la situazione, ci sono le foto di quello che mi offre Vo’, che non è poco». Al 7 marzo, termine della clausura, mancano ormai poche ore ma le persone sono stanche: «Però siamo anche positivi, anche se qui non conosco tantissima gente. Si spera che questa brutta cosa finisca e che, dopo, il paese possa essere identifica­to con qualcosa che non sia la statistica di un virus».

Case diroccate nel verde, lampi di tarassaco giallo e bianco, il profilo dei colli sotto una luce da polo sud. Poi animali, tanti animali. L’obiettivo di Susanna cattura un paradiso fatto di natura, vita che respira: «Lo scatto che preferisco? Forse quello dell’airone bianco, che mi restituisc­e la sensazione di libertà. Nel momento in cui l’ho visto volar via, la libertà era quello che mi mancava». Comprensib­ile. Il paradiso, del resto, è un dono: non lo si può imporre.

 Susanna Magrin Natura, animali, c’è tutto ciò che serve per un paradiso e lo è ancor di più oggi, che il tempo si dilata per via della quarantena

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«Zona rossa» Una delle fotografie scattate da Susanna Magrin all’interno del territorio di Vo’ Euganeo

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