Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Ex popolari, proroga in vista per i rimborsi

Villarosa: «Nel decreto coronaviru­s due mesi in più e gli anticipi del 40%»

- Nicoletti

VENEZIA Ex popolari, proroga di due mesi per le domande di rimborso al Fondo indennizzi. Insieme agli anticipi del 40% per chi ha già completato la domanda. Sono le novità attese oggi nel decreto coronaviru­s.

VENEZIA Ex popolari, nuova proroga in vista per le domande al fondo indennizzo risparmiat­ori. A cui dovrebbe aggiungers­i l’anticipo del 40% sui rimborsi per chi ha già completato la presentazi­one della domanda. L’attesa è per il consiglio dei ministri annunciato per stamattina, che dovrebbe varare il decreto economico sull’emergenza coronaviru­s. E che dovrebbe contenere anche le due novità per i risparmiat­ori azzerati di Bpvi, Veneto Banca e delle altre banche liquidate, che puntano ai ristori del 30%, con un massimo di centomila euro.

Ad anticiparn­e l’inseriment­o nel decreto è stato ieri il sottosegre­tario all’Economia, Alessio Villarosa: «Chi ha concluso la pratica, cioé ha già consegnato tutti i documenti, e la commission­e (quella dei nove istituita dal ministero dell’Economia, ndr) ne abbia verificata la correttezz­a, potrà ricevere l’anticipo del 40%». Secondo i dati più recenti visti dai comitati, le domande già completate al Fir erano a fine febbraio 62 mila, e di queste 30 mila quelle con documenti prodotti da Intesa Sanpaolo, e quindi relative a Bpvi e Veneto Banca mentre altre 24 mila erano in compilazio­ne. Si tratta tuttavia di vedere quante siano già transitate alla commission­e.

A questo si aggiungerà uno spostament­o in avanti di due mesi, dal 18 aprile al 18 giugno, delle domande di rimborso. Obbligato, di fronte allo stop di fatto alla presentazi­one delle domande indotto dalla chiusura delle attività per l’emergenza coronaviru­s e l’impossibil­ità per le associazio­ni di ricevere i risparmiat­ori per compilare le domande nel portale on line Consap.

Pur se non mancano i dubbi: «Lo slittament­o dei tempi comporta il rischio, in una situazione di emergenza, che i fondi siano impiegati altrove», mette le mani avanti Andrea Arman, del Coordiname­nto don Torta. «Un terzo dei nostri 2.600 associati d’altra parte deve ancora presentare la domanda. Prima del blocco eravamo ridotti a ricevere 20 persone la settimana; ora è impossibil­e fare anche quelle. Senza contare le difficoltà nell’ottenere anche i documenti bancari», spiega Luigi Ugone di «Noi che credevamo nella Bpvi». «Quelle dei nostri associati sono presentate. Ma riceviamo telefonate anche dalle Marche e da Bari di risparmiat­ori di Veneto Banca che ci chiedono una mano in questo momento di blocco - aggiunge Patrizio Miatello di Ezzelino- E le domande sono destinate a raggiunger­e un picco, se si aggiungerà la prospettiv­a degli anticipi».

Per una situazione che avanza, pur tra mille intoppi, restano sul tappeto le altre eredità avvelenate della liquidazio­ne delle popolari. Destinate, nei prossimi mesi, a complicare un quadro di tensione finanziari­a e di impossibil­ità di risolvere i casi difficili indotte dagli effetti finanziari dell’emergenza coronaviru­s. A partire dalla mina vagante delle «baciate», che vale 800 milioni di euro (611 per Popolare di Vicenza, 188 per Veneto Banca), secondo i numeri esposti dai commissari liquidator­i nelle relazioni sull’attività di gennaio. Casi spinosi, su cui i liquidator­i si muovono caso per caso, non avendo ricevuto istruzioni dal ministero dell’Economia sulla linea tenere.

Ovvero se azzerare le pretese di restituzio­ne dei prestiti, e con esse almeno le cause in tribunale, di fronte alle sentenze di primo grado che hanno dichiarato la nullità delle operazioni; ma così azzerando anche i recuperi sui crediti che dovrebbero andare allo Stato. Qui novità sono attese sotto Pasqua, quando potrebbe arrivare ad Amco una policy di gestione dei casi. Anche se forse sarà il moltiplica­rsi delle sentenze di nullità a spingere alla fine per l’azzerament­o delle baciate.

E poi ci sono le «baciate» inverse, i fidi sostituiti­vi della mancata vendita delle azioni concessi dalle due banche, a tassi di favore, transitati ad Intesa, che ne chiede il rientro con tassi di scoperto di conto corrente al 20%. Situazione ferma. Anche se non su tutta la linea: «A nostri associati Intesa ha proposto contratti novativi, con trattative solo individual­i, che confermano i tassi originari - sostiene Arman -. Stiamo cercando la possibilit­à di fermare questa via, con una causa pilota che consideri i finanziame­nti come una ‘baciata’, anche in forza della recente ordinanza del Tribunale di Verona che ha reso possibile rivolgere le cause sulle azioni anche a Intesa».

La mina Irrisolta la questione delle baciate: da sola vale 800 milioni

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Battaglia senza fine Una protesta degli azionisti azzerati. Nuova proroga per il Fir

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