Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Siamo il Pronto Soccorso delle aziende, ascoltateci
Nel devastante contesto economico provocato dall’emergenza coronavirus, tra tutte le categorie di imprese e professionisti c’è ne una, in particolare, che sta svolgendo nell’interesse delle imprese, dei lavoratori e dello Stato un’importante funzione sociale – accordi sindacali, adempimenti previdenziali e fiscali – ed è quella dei consulenti del lavoro, senza la quale verrebbero a mancare dati e informazioni indispensabili per adempiere agli obblighi contrattuali, previdenziali e fiscali, con un ulteriore e facilmente intuibile aggravio della crisi.
Nessuno saprebbe quanto deve essere corrisposto ai lavoratori, quanti contributi vanno versati, quante somme devono essere anticipate ai lavoratori per conto degli Enti previdenziali e dello Stato (assegni familiari, indennità di malattia, maternità, ritenute fiscali), insomma, il caos. Se sul versante sanitario ci sono le strutture ospedaliere che, proprio per far fronte all’emergenza del Covid-19, necessitano di ulteriori risorse umane e finanziarie, i consulenti del lavoro, per far fronte agli adempimenti, aumentati paurosamente – attualmente si lavora alla giornata, senza alcuna certezza normativa né, soprattutto, semplificazione burocratica – hanno bisogno, in molti casi, di incrementare il personale e, in particolare, di poter lavorare in un quadro normativo non schizofrenico, asfissiante dal punto di vista delle scadenze.
Mentre le istituzioni si confrontano sull’ipotesi del «blocco totale», e di fronte all’emergenza perfino i tribunali hanno sospeso e rinviato le udienze, i consulenti continuano a svolgere attività non rinviabili: chiudere, a noi, non è concesso. Nel nostro territorio, ancor prima dell’epidemia, il quadro economico non era dei più brillanti: a Venezia, l’acqua alta del novembre 2019, aveva già messo a dura prova tutto il comparto del turismo e moltissime imprese faticavano a far fronte agli impegni economici: da tre settimane a questa parte, le difficoltà sono diventate enormi, e la fine dell’emergenza, che presto o tardi arriverà, lascerà alle spalle parecchie macerie e le conseguenze le sentiremo per molto tempo ancora.
In questa situazione, per le ragioni che ho evidenziato, tra i primi operatori che rischieranno di sparire ci sono proprio i consulenti del lavoro, «il pronto soccorso delle imprese» (e, a ben vedere, anche dello Stato) che difficilmente potranno essere pagati per le loro attività che continueranno con l’aggiunta di altre incombenze e che, proprio per questo, non avranno, almeno per ora, necessità di ricorrere agli ammortizzatori sociali ma, invece, dovranno sostenere tutte le spese – pagamento delle retribuzioni ai dipendenti, dei compensi ai collaboratori, versare i contributi e le ritenute fiscali- come nulla fosse successo. Come sarà possibile sostenere tutto ciò? Qualcuno si porrà questo problema che coinvolge direttamente centinaia di studi e migliaia di collaboratori e si riflette su centinaia di datori -di lavori e migliaia di loro dipendenti? Pensate a quante sono le imprese che saranno coinvolte da questa crisi che interessa in particolare modo tutti i territori dove il turismo è l’attività principale, come il nostro. Occorrono soluzioni, e in fretta. Le idee non mancano, le istituzioni ci ascoltino.