Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
ECONOMIA E SISTEMA PAESE, COSA CAMBIARE DOPO LO CHOC
La globalizzazione, le catene del valore, il ruolo centrale delle imprese anche per la tenuta sociale: i modelli da rivedere e un nuovo progetto che serve all’Italia
Siamo nel picco di una pandemia che sta preoccupando il mondo intero ed il contagio si è trasferito anche all’economia con delle dimensioni senza precedenti che ha colto tutti impreparati. Sembra veramente l’anno zero.
Siamo nel picco di una pandemia che sta preoccupando il mondo intero ed il contagio si è trasferito anche all’economia con delle dimensioni senza precedenti che ha colto tutti impreparati. Sembra veramente l’anno zero. Non siamo stati capaci ad affrontare il problema prontamente perché in un mondo globalizzato si agisce solo ed ancora a livello locale , ognuno a modo suo. La responsabilità è della politica che ha bisogno di tempi di metabolizzazione dei problemi non propriamente consoni alle risposte emergenziali e lavora scoordinata correggendo continuamente il tiro e affinando le tecniche di gestione schiava della sua stessa burocrazia della quale si è alimentata da sempre usandola come uno scudo per difendere troppo spesso i propri interessi.
Il nostro Governo, diciamolo, ha cominciato male la gestione epidemica per poi migliorare decisamente ma inciampando regolarmente in anticipazioni di provvedimenti che hanno creato il caos e adesso viviamo nel dubbio che non sappiano cosa fare una volta terminata la prima quarantena che ha giustamente inchiodato a casa la quasi totalità della popolazione.
Verrebbe da prendere come riferimento i Cinesi che sembrano usciti proprio adesso dall’emergenza ma diciamoci la verità, chi si fida ciecamente di loro? Del loro sistema di monitoraggio e dei dati spesi? E perché non si dovrebbe ripresentare il problema visto che un singolo contagiato può infettare un intero Paese? Siamo entrati in una nuova dimensione, quello che è successo ci cambierà per sempre e mette in discussione una globalizzazione e una crescita economica che non ha mai avuto fine ma che adesso dovrà fare i conti con un nuovo atteggiamento dei cittadini caduti nella trappola della sfiducia cronica.
A pagare più caro il prezzo della debolezza globale saranno i Paesi più fragili e sfortunatamente l’Italia è al primo posto in Europa per disequilibrio finanziario con un debito ereditato da decenni di mala politica che non ci consente di attuare piani di salvaguardia per il nostro sistema economico. Oggi sono in molti a chiedere la chiusura totale delle fabbriche mettendo in imbarazzo i molti imprenditori come il sottoscritto che invece sono convinti che i piani di messa in sicurezza delle aziende siano già un’ottima risposta ad un modello di comportamento virtuoso che possa assicurare le migliori condizioni per la salute di tutti i lavoratori. Ma così facendo ci mettono l’uno contro l’altro sapendo che nessuno vuole mettere in discussione che prima di tutto va tutelato il bene comune della salute ma dobbiamo aprire una riflessione obbligatoria sul disastro economico che stiamo attraversando. Le imprese che stanno provando ad andare avanti lo fanno tra mille difficoltà, sono poche quelle che sono riuscite a conservare il proprio mercato e adesso ci sono problemi perfino a trasportare la merce oltre che a riceverla. Manca la liquidità e il provvedimento governativo sulle moratorie sembra insufficiente ed esclude per esempio le aziende di medie dimensioni che sono il vero motore dell’economia nostrana e per le quali lavorano un dedalo di piccole imprese in tutto il Paese. Ci vuole un piano di intervento Europeo , ci vuole chi capisca che se salta il nostro sistema produttivo si interrompono intere catene di produzioni mondiali . Le Borse sono precipitate e non è stato fatto niente per bloccare l’impietoso scivolamento mettendo a rischio di scalata speculativa le nostre aziende. C’è sicuramente chi punta il dito sulle industrie affermando che esiste una relazione diretta tra la qualità dell’aria e la diffusione del virus oltre al fatto che molte patologie croniche dipendono proprio dal problema della insostenibile presenza di polveri sottili. Ma in questo periodo l’aria si è ripulita come non mai mentre le fabbriche sono rimaste aperte. E allora è più difficile sostenere che dipenda dagli impianti produttivi ma piuttosto da mille altre cattive abitudini che ci hanno portato a questa situazione e una fra tutte il riscaldamento domestico. Mi chiedo, per esempio, se sia veramente così complesso obbligare alla sostituzione delle caldaie di vecchia generazione agevolando chi non ha le risorse per farlo.
Dobbiamo voltare pagina , non possiamo pensare di ritornare a fare quello che facevamo prima. La sostenibilità, il green new-deal, l’economia circolare sono forse una buona base di partenza ma non la soluzione totale. Va ripensata la globalizzazione , vanno accorciate le catene del valore, vanno difese le nostre imprese perchè sono un sistema di tenuta sociale oltre che economica. Siamo un Paese con una storia millenaria e le nostre abitudine sono retaggi del nostro passato che ormai si sono fuse con il modo di fare globale ma dobbiamo ricordarci che nel momento del bisogno bisogna contare prima sui noi stessi. E allora ci vuole un nuovo progetto per il Paese fatto da chi ha competenze, cambiando priorità investendo nei servizi sanitari e nella scuola e tutelando il lavoro passando dalla difesa delle imprese che, facciamolo oggi prima che sia troppo tardi.
L’analisi Dovremo fare i conti con un atteggiamento dei cittadini caduti nella trappola della sfiducia cronica
La svolta Nuove priorità: investire nei servizi sanitari e nella scuola e tutelare il lavoro passando dalla difesa delle imprese