Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Tamponi sotto le tende per chi ha i sintomi del virus Test positivo su un farmaco
Dal lunedì al venerdì, senza appuntamento, all’ospedale di Padova. Preoccupa la situazione letti di Terapia intensiva
Daniele Donato Abbiamo iniziato con 50 persone al giorno, ora arriviamo a 490
Luciano Flor Situazione ancora sotto controllo, ma dovremo attivare altri posti letto
Nella lotta alla diffusione del coronavirus Covid-19 la politica dei tamponi, adottata fin dalla prima ora dal Veneto, funziona. Lo sa bene l’Azienda ospedaliera di Padova, centro di riferimento regionale, che fino adesso con il Laboratorio di Microbiologia ne ha esaminati 70 mila. Molti dei quali effettuati nelle undici tende allestite dalla Protezione civile all’esterno del reparto di Malattie infettive. «Si sono rivelate utilissime per un pre-triage, che evita di far entrare al Pronto
Soccorso e quindi in ospedale potenziali infetti — spiega il direttore sanitario Daniele Donato —. Tutti i cittadini con febbre, mal di gola e dispnea, cioè difficoltà a respirare, o che, pur asintomatici, sono venuti a contatto con casi confermati o sospetti di Covid-19 possono farsi visitare nelle tende dalle 8 alle 14, dal lunedì al venerdì, senza appuntamento. Personale medico e infermieristico dedicato effettuerà una prima anamnesi, traccerà una valutazione clinica e se lo riterrà necessario sottoporrà il soggetto a tampone».
Dal 22 febbraio, giorno successivo al primo decesso per coronavirus registrato a Schiavonia (morì Adriano Trevisan, 77enne di Vo’ Euganeo), nelle tende sono state visitate 3.800 persone, non solo di Padova, ma anche della provincia. E la maggioranza ha affrontato il tampone. «Siamo partiti con 50-70 utenti al giorno, per passare a 300 e ora a punte di 490
— aggiunge Donato —. Abbiamo intercettato molti positivi al virus, che sono stati messi in isolamento domiciliare o, nei casi più complessi, ricoverati. C’è un grande impegno di medici e infermieri, lavoriamo tutti costantemente, sabati e domeniche compresi, per non parlare delle continue chiamate di notte. Ma in situazioni come queste si guarda al bene della collettività». Sempre in tema di tamponi, sono stati effettuati pure su 1.500 dipendenti, su molti per tre volte, così da permettere ai negativi di restare in servizio (totale 5 mila campioni), mentre 45 sono in isolamento fiduciario. «Ma nessuno è stato contagiato da malati — precisa Luciano Flor, direttore generale — hanno contratto l’infezione fuori dall’ospedale, che stiamo cercando di mantenere al sicuro. Ogni giorno distribuiamo al personale 13 mila mascherine a altri 5 mila dispositivi di protezione e poi misuriamo la febbre agli utenti in entrata, facciamo lavare loro le mani, diamo la mascherina e dove ne ravvisiamo la necessità eseguiamo il tampone. Anche all’ospedale Sant’Antonio, pur non essendo Covid Hospital».
Sotto pressione le Malattie infettive, salite da 29 a 92 posti letto, e le Terapie Intensive, potenziate di ulteriori 40 letti, ancora liberi. Altri 14 sono andati alle Terapie sub-intensive. «Stiamo arrivando a saturazione, arrivano malati sempre più gravi e giovani, ma possiamo allestire nuove postazioni», assicura Flor. «Cerchiamo di riservare l’accesso in Rianimazione ai pazienti bisognosi di ventilazione meccanica — completa il dottor Andrea Vianello, responsabile della Terapia sub-intensiva — gli altri li ricoveriamo nel mio reparto». E proprio Vianello sta seguendo la sperimentazione, partita a Napoli e autorizzata dall’Agenzia italiana del farmaco in altri centri tra cui Padova, del Tocilizumab, nato per curare l’artrite reumatoide ma efficace anche contro il Covid-19. «Abbiamo trattato 11 soggetti, la casistica più ampia in Veneto — rivela lo specialista — e l’impressione è favorevole. C’è stata una buona risposta e nessuno di questi malati è entrato in Terapia intensiva. Se però la marea di accessi continuerà, non saremo più in grado di far fronte a tutte le richieste di ricovero». Va ricordato che a Padova, sempre autorizzata da Aifa, è in corso anche la sperimentazione di Remdesivil, utilizzato per la cura di Ebola ma utile pure contro il coronavirus, e a breve inizierà la terapia con il plasma dei malati guariti. Tornando al problema letti, avverte il dottor Ivo Tiberio, responsabile della Terapia intensiva centrale: «Finora abbiamo seguito 30 pazienti, otto dei quali dimessi. Ma i 18 letti disponibili sono occupati, anche se quattro degenti cominciano a respirare autonomamente. L’età media dei nostri malati è di 69 anni, il più giovane ne ha 44, il più anziano 82. Richiedono ventilazione meccanica e una delle maggiori difficoltà è doverne comunicare il quadro clinico ai familiari per telefono».