Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Trevisan, il funerale silente del primo caduto

L’imprendito­re edile è morto il 21 febbraio scorso. La figlia Vanessa lo ricorda così: «Un padre che coltivava le rose in giardino e che ne portava il profumo» Poche persone, ieri a Vo’, a salutare la vittima numero uno del virus in Italia

- Randon

VO’ EUGANEO Si finisce sotto terra così, in silenzio, senza onore e senza merito, né picchetti in una guerra che continuiam­o a chiamare guerra per mancanza di fantasia quando invece è solo una crudele riffa della morte. Si va sotto terra soli come una volta i suicidi, con una preghiera a fior di labbra mormorata dai pochi presenti e l’umiliazion­e che somiglia alla vergogna dell’essere caduti per niente.

Adriano Trevisan 77 anni, la prima vittima del Covid-19 in Italia, è stato interrato ieri nel piccolo camposanto di Vo’ Vecchio, dieci file di lapidi per sette e un centinaio di loculi, così fuori mano e remoto, lontano da una chiesa che il carro funebre nel raggiunger­lo è sembrato perdersi per poi tornare indietro e imboccare finalmente il ponticello sul Canaletto al di là del quale stanno i morti di Vo’ Vecchio. Qui ogni contrada ha il suo cimitero, quelli di Vo’ di Sotto vengono seppelliti a Boccon, Zovon si tiene i suoi a Castelà gli altri.

Funerale alle nove e trenta di mattina. C’erano i figli Vanessa, Vladimiro e Angelo, la moglie Linda, i nipotini Nicol e Leonardo, una dozzina di persone tra parenti e amici. «Non di più» avevano avvertito le autorità.

E così è stato per Adriano Trevisan il primo caduto in questa guerra che, ripetiamo, guerra non è, ma lotteria funebre: in guerra i giovani morivano al fronte e i vecchi stavano a casa, pregavano e aspettavan­o, qui non c’è fronte ma un’unica retrovia con gli anziani che continuiam­o a chiamare vecchi quando sono invece e solo la gente che tra noi hanno amato di più e pianto di più, quelli che più dei giovani avevano da ricordare e da insegnare. I funerali non sono mai stati sospesi neanche nelle guerre vere, gli uomini hanno sempre celebrato il legame con i defunti.

Adriano Trevisan in paese lo conoscevan­o come il «Moro Mardegan», faceva l’imprendito­re edile prima di andare in pensione e in paese lo potevi trovare al bar del Sole dove tutto cominciò dicono. È morto un venerdì di un mese fa, il 21 febbraio scorso e c’è voluto un mese per seppellirl­o perché prima era solo un corpo da laboratori­o, un cadavere da indagare, l’infetto numero uno con il quale ricostruir­e gli spostament­i perché da lui si poteva risalire all’agente numero zero.

Non è servito a niente: l’esito del pedinament­o non ha portato a nulla che non siano ipotesi, per cui non si può nemmeno dire che sia morto per qualcosa, non ha aiutato a scoprire le trame del nemico, resta sconosciut­o il modo in cui è stato raggiunto, Trevisan è solo il numero uno.

La figlia Vanessa ha avuto un mese per piangere e ora, ad occhio asciutto, confessa di aver avuto solo un cruccio, temeva che suo padre finisse nella fossa comune delle statistich­e, mentre per lei papà «è stato il primo, il solo, l’unico e insostitui­bile».

Ora che la terra è fresca si sente in pace e non le importa granché di come sarà ricordato papà, se per l’uomo che adorava - «un padre che coltivava le rose in giardino, uno che ne portava il profumo, un profumo che aveva impregnato anche il rosario di mamma e che noi abbiamo messo nella bara con lui assieme ad un orsetto di peluche e una palla, i giochi preferiti di mia figlia Nicol» –; se le encicloped­ie ricordano il primo caduto della Grande Guerra (Alberto Riva si chiamava, morto sull’Altopiano il 7 giugno del 1916), Adriano Trevisan sarà ricordato come il primo morto di coronaviru­s il 21 febbraio del 2020 in una guerra che non ebbe onore.

Don Giorgio ha citato Giobbe, poche parole per ricordare il fratello Adriano che rientra nella casa di Dio e Vanessa lo ha aiutato nella liturgia, nessun ricordo personale, niente applausi come va tanto di moda adesso; è stato un funerale antico e solenne, composto e universale al quale tutta la gente del paese sarebbe accorsa se non vivessimo di questi tempi.

Vo’ Euganeo ieri ha vissuto un altro sussulto, libera com’era dall’infezione, è stata colpita dalla notizia che un altro infetto l’ha raggiunta perchè non è ancora finita, il nemico in fuga non se ne è mai andato, si era solo nascosto.

Il sindaco Giuliano Martini è sempre al suo posto, in farmacia, in attesa delle mascherine che non ha, le aspetta da una azienda di Abano Terme. Mostra il prototipo e ringrazia la Team Fur, «le doneremo ai nostri anziani».

Il benzinaio Bogoni vendeva 6-8 mila litri al giorno, ora ne vende mille, guarda il traffico e maledice le macchine, «che ci fanno ancora in giro? Perché la gente non se ne sta a casa?».

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 ??  ?? A Vo’ Vecchio Un momento del funerale di Adriano Trevisan, prima vittima italiana del coronaviru­s, che si è celebrato ieri mattina
A Vo’ Vecchio Un momento del funerale di Adriano Trevisan, prima vittima italiana del coronaviru­s, che si è celebrato ieri mattina

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