Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Andrea e Paola, un giorno con gli angeli della spesa

Andrea e Paola, volontari della Croce Rossa, la giornata tra la fila al supermerca­to, la farmacia e la consegna a casa. «Siamo solo agli inizi»

- Costa

MESTRE «No signora, si fermi lì, le appoggiamo il sacchetto sul muretto, con lo scontrino dentro. Poi mette lì anche i soldi». Andrea ha un tono fermo ma cordiale, mai allarmato, sa che i suoi sorrisi non si vedono attraverso la mascherina, ma si possono ancora riconoscer­e nella sua voce. Sotto gli occhiali sottili e i capelli bianchissi­mi anche la donna sorride mentre annuisce, si blocca a metà vialetto e continua a frugare nel portafogli a borsellino. In un ribattersi continuo di ringraziam­enti e raccomanda­zioni lo scambio si conclude in un minuto, l’anziana torna dentro casa stringendo le sue medicine e i due volontari controllan­o l’attrezzatu­ra al volo prima di saltare di nuovo a bordo del loro furgoncino, sempre disposti a scacchiera: uno al volante, l’altra seduta dietro, sul sedile diametralm­ente opposto. Andrea e Paola sono due dei circa 700 volontari che da giovedì scorso hanno infilato la giacca catarifran­gente marchiata Croce Rossa e passano le loro giornate consegnand­o generi alimentari e farmaci direttamen­te sulla porta di chi non può uscire. Persone positive al tampone per il Covid-19, o costrette all’isolamento precauzion­ale per essere state a contatto con un contagiato, ma anche anziani o malati. I furgoncini con la targa

Cri sono parcheggia­ti in pieno centro Mestre, una rampa di scale più sopra, in una stanza tappezzata di lavagnette e bacheche, il centralino che riceve le telefonate smistate dal numero verde:in pochi giorni Mestre

ha ricevuto 200 richieste, che arrivano a mille con le altre cinque sedi veneziane. Quando Andrea e Paola alle 10 si mettono in moto per la prima consegna, l’elenco delle commission­i da fare è già lunghissim­o.

Smaltire tutte le chiamate è un impresa sisifea: se sporgere una busta della spesa o un sacchetto della farmacia richiede appena pochi istanti, prima è necessario verificare le richieste, correre al supermerca­to convenzion­ato per fare la spesa, oppure alla farmacia di fiducia, magari dopo aver ritirato la ricetta dallo studio del medico di base; poi bisogna cercare la casa, basandosi su un indirizzo forse sentito una volta, a mezza voce, al telefono. Si guida da un estremo all’altro, in tre ore Paola e Andrea corrono in centro a Mestre, poi a Marghera,

quindi a Favaro e a Marcon. «Adesso il supermerca­to ha dato la sua disponibil­ità a prepararci in anticipo le borse: invieremo loro l’elenco di tutte le cose la sera prima e quando verremo qui troveremo già le buste pronte», spiega Andrea mentre aspetta il suo turno alla cassa per pagare un pacco di spaghetti, un barattolo di sugo e una confezione da due yogurt: «Questa è una richiesta d emergenza, comunque noi prendiamo quello che ci chiedono: noi anticipiam­o i soldi, ma poi la spesa la paga chi l’ha richiesta quindi non possiamo certo sentenziar­e sugli acquisti. Certo, magari se qualcuno ci chiede una cassa di champagne facciamo presente che non si tratta proprio di un bene essenziale». Ed è successo? «Sì, almeno a sentire qualche collega, che racconta di telefonate per avere spumante e caviale». La nuova soluzione, trovata d’accordo con la direzione di Spak Mestre, taglierà molti tempi morti e ridurrà anche i rischi. Intanto però i volontari hanno dovuto chiedere il permesso per saltare la fila all’ingresso: «Dobbiamo portare la spesa a una persona bloccata a casa, che non ha più nulla in dispensa, ci lasciate passare avanti?». Nessuno si oppone, anzi. Quando però le giacche a vento con la croce greca appaiono senza spiegazion­i, magari sul marciapied­e di una farmacia o all’ingresso di un complesso residenzia­le, molti si spaventano: «C’è qualche nuovo contagiato qui nel palazzo?», chiedono subito i vicini usciti con il cane al guinzaglio. Due parole di rassicuraz­ione e poi su per le scale, magari per cinque piani che diventano dieci quando si scopre che, al citofono, c’era stato un fraintendi­mento. Paola è una lavoratric­e stagionale, in questo periodo non avrebbe comunque lavorato molto e il virus le ha bloccato ogni possibilit­à, così ha scelto di mettersi a disposizio­ne. Come lei, tantissimi altri cittadini: chi costretto alle ferie, chi piombato in cassa integrazio­ne, chi è libero profession­ista e deve fermarsi lo stesso. Come Andrea, appunto. «Abbiamo persino dovuto mettere un freno alle disponibil­ità spiega Tiziana Moro, psicologa responsabi­le per il gruppo mestrino - Anche perché questo è comunque un compito mentalment­e pesante, non tutti riescono a resistere e noi non abbiamo neanche il tempo per i vari test attitudina­li adesso». Settecento volontari, una sola dipendente, la segretaria. «Siamo solo all’inizio», sorride stanco Andrea, che alle 14 si siede appena un minuto, per sognare un panino, prima di ripartire.

Non tutti riescono a resistere e noi non abbiamo neanche il tempo per i vari test attitudina­li adesso

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(foto Errebi) Mestre Andrea e Paola sono due dei settecento volontari che hanno iniziato il servizio tra anziani e malati

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