Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

LA LEZIONE DI COVRE

- Di Alessandro Russello

Un giorno ci sfidammo a duello. Non di spada ma di lingua. Sfida sul dialetto. Io di madre nordestina e padre siciliano, da Castelfran­co, Destra Piave. Lui veneto doc, da Oderzo, Sinistra Piave. Io mezzo veneto doc - si parlava di radici e di confini fisici-politici-culturali -dissi al doc intero che conoscevo il dialetto meglio di lui. Anche quello arcaico della civiltà contadina nelle variabili lessicali (reciprocam­ente incomprens­ibili) dei cento serenissim­i dialetti-lingue di paesi e città.

Si mise a ridere, ma accusò il colpo quando gli spianai la forza poetica di una delle più belle parole uscite dalla bocca di questa terra: someja.

Ammutolì, toccandosi i baffi sotto quegli occhi sempre troppo intelligen­ti. «Visto che non lo sai? - gli feci Che se voglio sono più veneto di te...». Rise ancora, si arrese, tradussi: «Significa fotografia».

Someja da somejar, assomiglia­re. Un miracolo lessicale uscito da una semi ovvietà, la parola più giusta che il veneto numero zero del contagio linguistic­o abbia potuto inventare nominando per la prima volta - con l’uso delle cose da cui le parole nascono - una cosa nuova. La fotografia. Lui si vendicò con una raffica di termini che mezzi capii e mezzi no, ma alla fine della nostra disfida venne fuori il suo manifesto politico: un appassiona­to regionalis­mo declinato in forma federale e di stampo dichiarata­mente Europeo.

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