Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’ALTRO CONTAGIO
Meritano attenzione le parole di Stefano Beraldo, amministratore delegato di una nota catena di abbigliamento: sulle pagine economiche del Corriere del Veneto, pochi giorni fa, il manager avvertiva a chiare lettere «dobbiamo evitare il far west». Il manager non si riferiva a qualche aspetto medico-sanitario dell’emergenza in corso. L’allarme era invece per un pericolo di contagio, senza dubbio secondario rispetto a quello che espone tutti noi al rischio di perdere la vita, però non meno subdolo e micidiale. Il contagio in questione è quello che lo stallo mondiale dei pagamenti rischia di produrre sul nostro tessuto produttivo. Qui il punto non è il lockdown produttivo e commerciale, che allo stato attuale appare una scelta obbligata, quanto invece la bomba a orologeria rappresentata dalle implicazioni giuridicoeconomiche dell’emergenza. Beraldo denunciava in particolare il rischio che, alla ripresa dell’attività dei tribunali, s’ingeneri un fuoco di fila di azioni esecutive e di istanze di fallimento contro le aziende. Il blocco delle attività, con connessa strozzatura della liquidità, consegnerà infatti le imprese nelle mani di coloro che saranno a pretendere l’adempimento per via giudiziale.
Esi tratta di adempimenti che, in temi di coronavirus, talvolta sono divenuti impossibili, altre volte quasi impossibili, altre ancora onerosissimi. La questione non è passata del tutto inosservata al Governo, che nel provvedimento «Cura Italia» ha previsto che il rispetto delle misure debba essere valutato ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore «anche in relazione all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardi e mancati adempimenti». Qui il riferimento è ai rapporti tra privati (non a quelli tra privati e Stato, che paradossalmente in questa fase sembrano più facili da gestire). Il Governo quindi ha rilevato il problema: si tratta ora di svilupparne le implicazioni. La via potrebbe essere quella di una «moratoria generale dei pagamenti», stando a Beraldo: ciò eviterebbe il ricorso massivo ai decreti ingiuntivi, tanto più da parte di chi – anche comprensibilmente, stante il contesto – è in caccia di liquidità. La proposta è da tenere in seria considerazione, però temo che da sola non sarebbe la soluzione. Il puro blocco dei pagamenti è rischiosissimo: banale osservare che la moratoria dei debiti è l’altra faccia della moratoria dei crediti. E qui occorre che il denaro giri. Che fare allora? Sarebbe opportuno un tavolo condiviso, magari presso il MEF, per il coordinamento di più iniziative: assieme a un massiccio coinvolgimento del mondo bancario per l’immissione della necessaria liquidità per un periodo-ponte, potrebbe essere studiato un meccanismo legislativo di forte spinta verso una generalizzata rinegoziazione dei rapporti contrattuali: quest’ultimo da combinarsi con una dilazione parziale dei pagamenti. Occorre però procedere il più possibile caso per caso. A tal fine, andrebbe potenziata la rete già esistente delle mediazioni, magari introducendo anche un sistema di arbitrati con costi contenuti. Infine, si dovrebbe pensare a strumenti di protezione delle aziende italiane rispetto al rischio di iniziative legali aggressive dall’ estero, con profittamento dell’endemica debolezza del momento.